Cultura e Spettacoli

Morricone vince e stupisce: "Lo dedico a mia moglie"

Il maestro al secondo Oscar dopo quello alla carriera "Lo dedico a mia moglie, che ha sopportato la mia assenza"

Morricone vince e stupisce: "Lo dedico a mia moglie"

«Penso sia importante il riconoscimento in vita, sempre considerando che l'Oscar è una specie di gioco del lotto», aveva detto Ennio Morricone, con la solita modestia, qualche giorno prima della sua incoronazione di ieri sera. Finalmente ce l'ha fatta con la colonna sonora di The Hateful Height di Quentin Tarantino, dopo che cinque statuette gli sono sfuggite dalle mani per un soffio nonostante un Oscar onorario alla carriera, emblematicamente consegnatogli da Clint Eastwood. L'87enne maestro, dopo il trionfo, si è semplicemente ritirato nella sua stanza al Four Seasons di Beverly Hills, senza dimenticare di stupire pubblico e critica dichiarando: «Non mi sono mai aspettato niente di simile, non si lavora per questi riconoscimenti. Non credo sia la mia migliore colonna sonora anche se è a buonissimi livelli e soprattutto è diversa dai film di Leone e da altri film, una scrittura che io non ho mai azzardato. L'Italia tifava per me? Meno male, sono contento». Bum. Corrisponde proprio al vero la sua fama di perfezionista mai soddisfatto del suo lavoro. «Sono un compositore - ama dire - non una star, in fondo sono un semplice attore». Il maestro custodisce gelosamente il segreto per mantenersi perfettamente in equilibrio tra musica da film e quella che lui stesso definisce musica assoluta. Sarà il suo genio da allievo di Goffredo Petrassi, sarà il suo passato di arrangiatore per le canzoni di Gino Paoli e tante altre star del pop. Inimitabile nella sua fase classica e sperimentale, è punto di riferimento anche per artisti come i Metallica, Jack White, Bruce Springsteen innamorato della sua C'era una volta il West. Ora è un altro western, seppur sui generis come tutti i film tarantiniani, a fargli assaporare il trionfo. «Tarantino non mi ha detto molto - racconta Morricone della sua opera - mi ha chiesto di considerare il viaggio sulla neve della diligenza, non mi ha dato consigli sulla musica, per niente, io così mi sono sentito completamente libero. Lui pensava al suo film come a un film western, ma io lo vedevo lontano dagli western che avevo fatto con Leone, erano proprio diversi».Lui sa muoversi attraverso tutti i generi e gli stili con uguale disinvoltura; lo dimostrano i suoi celebri temi, non solo quelli per Sergio Leone ma anche quelli che sono arrivati ad un soffio dall'Oscar come I giorni del cielo (1979), i favoritissimi Mission e Gli intoccabili del 1987 e '88, passando per Bugsy e Malena, arrivati tutti ad un pelo dalla vittoria. Morricone ha anche il tempo di raccontare il suo rapporto (fondamentale) con i registi. «La mia opera con Sergio Leone è quella che più ha colpito l'immaginario collettivo. Il nostro era un rapporto di reciproca fiducia. Ci sono registi che chiedono cose ragionevoli e in questo caso gli do retta ma poi ci metto la mia firma, la mia attenzione creativa. Non è passiva questa accettazione delle richieste del regista. Poi ci sono registi come Roberto Faenza che ti dicono solo: fa' come ti pare. Così mi devo assumere una responsabilità ancora maggiore, però alla fine le mie cose migliori sono venute proprio in quei casi dove mi hanno dato carta bianca. Comunque non c'è musica importante senza un grande film che la ispiri. Quindi ringrazio Quentin Tarantino per avermi scelto».Naturalmente Morricone non è domo. Dopo questo superpremio e gli altri mille riconoscimenti ricevuti in questi anni (a Los Angeles durante il weekend gli è stata attribuita anche una stella sulla Walk of Fame) si prepara ad altri cimenti: «Il problema è fare ancora meglio», ha detto dopo aver dedicato l'Oscar alla moglie Maria «per la sua pazienza nel sopportare la mia assenza».

Intanto, nelle librerie, il 3 maggio uscirà per Mondadori la sua autobiografia dal titolo Inseguendo quel suono, dal titolo di una sua poesia dedicata ancora alla moglie.

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