Cultura e Spettacoli

Muti fa pace con la Scala: terrà due concerti a gennaio 2017

Il maestro dopo gli screzi del 2005 non è più tornato nel teatro milanese. "Non conservo rancore"

Muti fa pace con la Scala: terrà due concerti a gennaio 2017

Dopo 12 anni d'assenza, Riccardo Muti torna a dirigere alla Scala. E infila ben due serate, quella del 20 e del 21 gennaio 2017. Verrà a Milano alla testa di una macchina da guerra come la Chicago Symphony, l'orchestra che Muti guida dal 2010. E sfodera due programmi diversi, di forte impatto, con punte nel Don Juan di Strauss, Quarta Sinfonia di Cajkovskij e Quadri di Musorgskij. Chapeau.

«Per ora taccio», ci ha detto da Stoccolma, dove è impegnato nelle prove del Macbeth di Verdi, tra l'altro con due artisti freschi di successi scaligeri, Francesco Meli e Luca Salsi. Non commenta - insomma - la notiziona del mondo della musica. Perché il fatto che Muti rimetta piede nel teatro condotto per diciannove anni, e da dove se ne andò (nel 2005) sbattendo la porta, ha creato un cortocircuito. La rottura fu di quelle che lasciano il segno. Il temperamento di fuoco, si sa, è il logo del Maestro. Che ha però ammesso: «Nonostante la fine improvvisa del rapporto, oggi non ho nessun rancore verso il teatro. Ognuno di noi può commettere errori, però una cosa me la riconosco: di aver dato in quegli anni tutto me stesso. Si vede dal repertorio sinfonico e operistico che ho diretto e dalla qualità dell'orchestra». Così ha dichiarato in una lunga intervista rilasciata al mensile Classic Voice, in edicola da venerdì.

Ha poi aggiunto che «alla Scala ho cercato di dare il meglio di me stesso, secondo una tradizione di direzione musicale che con Abbado, Cantelli, De Sabata, Toscanini ha avuto una linea. La Scala, a differenza di altri teatri, è stata fatta dai direttori d'orchestra. Toscanini fece della Scala il più grande teatro del mondo, soprattutto negli anni dal '20 al '29». Sempre in questa conversazione con Classic Voice, scioglie ulteriori riserve: non esclude di ritornare per dirigere un'opera. Ma dovrebbe cancellare impegni, non essendo propriamente «disoccupato». E chissà, da verdiano purosangue, forse punterebbe sul compositore italiano? E così, già si prefigura un Verdi per Riccardo I e Puccini per Riccardo II, ovvero Chailly, l'attuale direttore scaligero impegnato in un percorso dedicato a Puccini (proprio in questi giorni è in scena la sua Fanciulla del West). Due kings nel regno scaligero?

Ricostruiamo la storia. Il 2005 fu l'anno dello strappo di Muti con la Scala, dopo mesi di tensioni alle stelle. Superbo il concerto d'addio, nel maggio 2005, non alla guida dei complessi scaligeri ma dei leggendari Wiener Philharmoniker. Di lì a pochi giorni, era in programma una serata a Brescia, per il Festival Pianistico, ma Muti chiamò la Philharmonia di Londra in sostituzione della Filarmonica scaligera così come per il concerto dell'Amicizia libico, in luglio, si rivolse all'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Ora, dopo il concerto di congedo con i Wiener, il ponte si salda con un altro ensemble di prestigio, la Chicago, sempre in vetta alle classifiche delle migliori orchestre al mondo, e nel gennaio 2017 impegnata in un tour europeo con Muti.

Ora il mondo musicale è in fibrillazione, la notizia è rimbalzata su tutti i giornali, dal New York Times in giù, e social media. La Scala è la Scala e Muti è Muti. La combinazione di questi due «marchi» fa scintille. Così come la storia delle direzioni musicali scaligere è segnata da divorzi tumultuosi, ferite non sanate, rotture traumatiche. Il silenzio milanese di Claudio Abbado, per dire, durò 26 anni.

A volere fortemente Muti alla Scala è stato il sovrintendente del teatro Alexander Pereira, che si è messo sulle tracce di Riccardo I, proprio in questo primo anno e mezzo di insediamento di Riccardo II. Dall'estate scorsa, epoca di lettere degli orchestrali a Muti, di apparizioni di Pereira nei teatri frequentati da Muti, è stato un seguito di annunci, smentite, richiami al silenzio stampa per non turbare le trattative, fino all'incontro pubblico di Pereira e Muti, nel Conservatorio di Milano, lo scorso novembre. Galeotto il frack di Arturo Toscanini acquistato e donato da Muti al Conservatorio, appunto luogo dell'incontro del manager con l'artista, strette di mano d'impatto mediatico. In quel dì, incalzato dai giornalisti sul caso Muti - tornerà alla Scala? -, il sovrintendente dichiarò: «Solo la pazienza pulisce le scarpe». Ovvero il tutto si compirà, quando i tempi saranno maturi. Quindi l'annuncio, settimane fa, di una mostra al Museo scaligero dedicata ai 75 anni di Muti preceduta, il 5 giugno, da un incontro in Scala con il direttore stesso. «All'inizio mi è sembrato strano - ha dichiarato Muti - . Cioè in genere le mostre si fanno in riferimento ai morti. Non vorrei fosse un augurio... Non credo che ci sia stata da parte di Pereira una captatio benevolentiae. Da quando ho lasciato il teatro, a Milano sono tornato pochissimo, perché non ne ho avuto occasione. Ma, ripeto, non c'è nessun rancore. Certamente non ho utilizzato la Scala per ragioni personali».

E si toglie un sassolino.

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