Cultura e Spettacoli

Il Natale da misantropo di Jack London

Nella lettera giovanile all'amata Mabel emergono già i temi cari al grande scrittore

Il Natale da misantropo di Jack London

Una lettera inedita di Jack London scritta nel 1898 ma tutt'altro che datata: è quella inviata a Mabel Applegarth, uno dei suoi primi amori, nel giorno di Natale. Quello che sarebbe diventato tra i più grandi scrittori americani - autore di capolavori come Il richiamo della foresta, Zanna Bianca, Il tallone di ferro, Martin Eden - è un ragazzo solitario, figlio illegittimo cresciuto in vari istituti: un giovane uomo che soffre, malinconico e ancora lontano da quel successo che lo porterà a essere la prima vera «rockstar» della letteratura, capace di vendere milioni di copie in tutto il mondo (Zanna Bianca ha venduto 6 milioni di copie solo nell'anno della sua prima edizione) e di riempire interi stadi durante le sue «letture in pubblico».

Questa lettera - che presentiamo in anteprima, in uscita domani per Oligo editore con il titolo Solitudine a Natale nella collana curata da Davide Bregola (traduzione di Cristiano Ferrarese, pagg. 28, euro 10) - sintetizza tutta quella che sarà l'opera narrativa e saggistica di London, un uomo che prima di arrivare a essere riconosciuto come scrittore ha svolto ogni lavoro possibile: raccoglitore clandestino di ostriche, lavandaio, cacciatore di foche, agente assicurativo, pugile, contadino e persino cercatore d'oro. Un uomo che sarà comunque sempre condannato alla solitudine anche se nel 1910 comprerà, ormai milionario, il «Beauty Ranch», in California, dove chiamerà a vivere con lui tutti i suoi più grandi amici che hanno condiviso un'infanzia di povertà, pagandoli per non fare nulla. In quel ranch morirà sei anni dopo, ad appena quarant'anni, per un'overdose di antidolorifici che molti studiosi sostengono sia stato un suicidio, esattamente come il protagonista di Martin Eden.

Quella che state per leggere più che una lettera è un vero e proprio manifesto programmatico in cui London si prepara a quelle che saranno le sue battaglie: la lotta contro il progresso - perché, come scrisse anni dopo, «in un mondo che continua a progredire, nessuno progredisce veramente» -, la lotta perenne contro una società che «contiene così tanto per cui valga la pena di lottare; e dall'altra parte, così tanto da evitare»; dove «Chi si ferma a pensare è perduto» e dove «quelli meno portati a capire il gioco sociale vincono di più».

Un Jack London, da solo, con la macchina da scrivere mentre gli altri festeggiano il Natale: uno scritto amaro ma che mai, come in questo inedito, ci rende l'idea della solitudine dei grandi scrittori condannati a capire troppo per poter essere davvero felici.

Commenti