Cultura e Spettacoli

"New York è un cimitero... Ah se fossi Robespierre!"

L'astronauta statunitense Charles Conrad Jr., detto «Pete», e l'allora moglie Jane Dreyfus incontrano Oriana Fallaci nel 1964. Nasce un'amicizia, con Pete e con Le Roy Gordon Cooper, detto «Gordo»

"New York è un cimitero... Ah se fossi Robespierre!"

18 ottobre 1965

Cara Jane, ti piacerebbe partecipare insieme a quella star di tuo marito nonché mio fratello alla grande serata per la première dell'ultimo film di Federico Fellini, Giulietta degli spiriti? Mercoledì 3 novembre, a New York. Dopo la prima (mondiale) si terrà il Gran Ballo sulla nave Michelangelo o Raffaello. Ci sarà Fellini. Anche gli attori. Il bel mondo di New York. Gioielli, pellicce, abiti lunghi, piume. Personalmente, detesto queste cose. Preferisco un campo di concentramento nazista con camere a gas a Dachau. E spero vivamente di trovarmi in Nigeria o in Alaska quella sera, per non essere costretta ad assistere a un tale disastro di mondanità. Ma forse a te piacerà, e siccome la Rizzoli mi ha chiesto se volevo invitare un po' di «bella» gente (che maniera di parlare), eccomi qui. Potrebbero venire anche i Cooper, se ne hanno voglia. Suppongo che il mercoledì quella star di tuo marito sarà magari in qualche simulatore o in qualche deserto a mangiare boa constrictor. Ma chissà. Potrebbe anche venire e, considerando quanto è ricco, visto che ha l'abitudine di acquistare cani dipinti a duemila dollari l'uno, potrebbe pure comprare un biglietto aereo e prenotare una suite al Waldorf Astoria. Pensaci su. Fammi sapere se è sì o no; se è sì dovrai venire perché non vogliono sprecare i biglietti d'invito. Quelli in vendita costano cento dollari l'uno. Si tratta di un qualche ballo di beneficenza per non-ricordo-quale-malattia. Cancro, o bronchite. L'altra sera Pete mi ha chiamato per dirmi quanto ti era piaciuto il mio album di ritagli italiani. Ne sono lieta, e ne allego due nuovi da aggiungere. Uno è su di te, l'altro dice che nel paese di San Giovanni Gemini, nell'Italia meridionale, il Comune ha deciso « di costruire una grande chiesa sul locale Monte Gemini per ricordare ai posteri la grande impresa di Conrad e Cooper con la Gemini V. Inoltre, i due astronauti hanno ricevuto la cittadinanza onoraria di San Giovanni Gemini, e da allora la bandiera americana è sulla torre comunale insieme alla bandiera italiana». Gli italiani sono matti. Pete ha detto anche che avete cercato entrambi di chiamarmi per ringraziarmi. Mi spiace che non mi abbiate trovato. Ero in viaggio attraverso l'America con Shirley MacLaine, per lavoro, ed è successo di tutto per farci ritardare. Siamo persino state arrestate in Texas (dolce Texas) per eccesso di velocità e abbiamo passato ventiquattro ore in cella. Una cella puzzolente. Chiamami se vuoi. Io per un po' non posso perché la mia bolletta telefonica di settembre era di 280 dollari e sono distrutta. Un caro saluto. Spero di vederti presto, ciao. Mentre lo chiedi a Pete, chiedi anche a Gordo: per il ballo.

(Risale al 1967 l'incontro in Vietnam con François Pelou, allora direttore della sede della Agence France-Presse di Saigon. Sarà compagno della Fallaci fino al 1973)

***

Caro François,

questa volta sei tu che parti. Questo telefono è ormai inutile, così come è diventato inutile il secchiello che mi hai regalato per tenere in fresco lo champagne. E saranno inutili anche le mie mattine, perché non ci sarai tu. E i pomeriggi, perché non potrò sfiorarti. E le sere, perché non potrò aspettarti al parcheggio. Conservo nella mia bocca un tuo chewingum, e lo assaporo come fosse un tuo bacio. Lo custodirò insieme ai miei gioielli, per poterlo assaporare ancora: quando tu mi mancherai troppo. Giuro che mai più mangerò il grasso del prosciutto.

(Il libro di maggior successo di Oriana Fallaci, «Lettera a un bambino mai nato» è stato anche il più criticato, controverso e frainteso anche dall'amico Pasolini)

***

10 settembre 1975

Caro Pier Paolo, ti ho telefonato un paio di volte ma non ti ho mai trovato e, sapendoti al lavoro, ho preferito non insistere. Ti scrivo dunque. Anzitutto, per annunciarti l'arrivo del mio libro Lettera a un bambino mai nato e poi per dirti questo. È un libro cui tengo molto. Tanto quanto non tenevo agli altri. Ed è un libro in cui credo. Infine, un libro cui ho molto lavorato. E tuttavia temo che non sia capito. Segni per ora superficiali (giacché vengono da due o tre giornalisti insensibili) annunciano incomprensioni e ostilità. (E non sai mai quando sono ostilità dirette alla persona o al lavoro di quella persona.) Le donne si indignano da una parte, gli uomini si arrabbiano dall'altra, gli abortisti mi maledicono perché concludono che io sono contro l'aborto, gli antiabortisti mi insultano perché concludono che io sono per l'aborto. E nessuno o quasi si accorge di cosa vuol dire il libro veramente. Nella rissa non hanno ragione né gli uni né gli altri, o hanno ragione tutti e due. Il libro è la saga del dubbio. Vuol essere la saga del dubbio.

(L'11 settembre del 2001 sconvolge anche la «quiete eremitica» di Oriana. Sono in molti a scriverle subito dopo l'attentato delle Twin Towers. Qui risponde a Chantal Clappier, una collaboratrice della Rizzoli in Francia)

***

New York, il giorno dopo

Grazie, cara Chantal Clappier,

lei è sempre Chantal. Con la sua cortesia, la sua tenerezza. No, l'orrore non mi ha colpito fisicamente. La mia casa è distante almeno settanta strade. Ma, nonostante gli orrori a cui ho assistito in guerra, sono sconvolta. E sono arrabbiata come una bestia. Perché, per caso, ho vissuto la cosa momento per momento e Adesso la città è un cimitero. Tutte le strade sono deserte come nel film L'ultima spiaggia. Al posto dei rumori infernali di New York, un silenzio di ghiaccio. O meglio, di tomba. È tutto chiuso. I ponti, i tunnel, gli uffici. Soltanto gli ospedali sono aperti. E gli obitori. Credo che i cadaveri siano veramente migliaia. Diecimila, si dice, e mi stupirei se fossero meno di cinquemila. Ah, se fossi Robespierre! Meglio ancora, il brav'uomo vestito di rosso che aveva il piacere di tagliare personalmente le teste Anch'io l'abbraccio forte. Remis incluso.

(Nel dicembre 2005 Oriana Fallaci riceve la Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte, onorificenza di cui è molto orgogliosa come confida in questa lettera privata al Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Per motivi di salute non la potrà ritirare)

***

New York, 19 dicembre 2005

Caro Presidente, ho avuto l'affettuosa risposta al messaggio per la consegna del premio. La mandai attraverso monsignor Fisichella. RingraziandoLa anche per quello mi è caro esprimerLe i più sentiti auguri di Natale e Capodanno, e lo faccio inviandoLe Italy. Le appassionate poesie sull'Italia che Samuel Rogers scriveva nel 1700, quando l'Italia era meta del Grand Tour e gli stranieri come lui ci amavano Sì: dopo anni di attacchi incivili, di insulti e minacce e persecuzioni che hanno avvelenato l'ultima fase della mia vita, quell'omaggio al Quirinale è stato un gran conforto. Ancor più degli altri premi incluso quello americano. Sicché mi è dispiaciuto tanto non ritirarlo personalmente, dalle Sue mani. Ma davvero sono disperatamente malata. E soprattutto in questi giorni di intense cure allo Sloane Cancer Center di New York non posso allontanarmi, affrontare la fatica di un viaggio intercontinentale. (Reso oltretutto più difficile dai problemi di sicurezza impostami da coloro che non ci amano come ci amava Samuel Rogers). Però sappia che tutto ciò non mi piega. Non mi impedisce di lavorare, di battermi per il mio Paese. Due cose che per me sono la stessa cosa e che farò finché avrò un filo di fiato. Vengo dalla Resistenza. Da genitori e nonni e bisnonni e trisnonni che si sono sempre battuti per la Libertà. E questa non è retorica. È realtà. Grazie ancora e voglia estendere i miei sinceri auguri alla signora Franca.

(Tunku Varadarajan, giornalista e scrittore a cui la Fallaci concesse un'intervista nel 2005 per il «Wall Street Journal»)

***

New York, 7 marzo 2006

Caro Tunku, non hai mai risposto alle mie chiamate e alle chiamate del mio ufficio per informarti che il prezioso «cotechino» aveva miracolosamente passato la Dogana e quindi ero pronta a cucinare la cena italiana e a celebrare il cotechino nel mio terrazzo con te e tua moglie. Mai per un'intera estate e un intero autunno. E questo mi amareggia molto, ovviamente. Ho promesso a me stessa che non avrei mai più offerto un cotechino a nessuno, e io stessa non l'ho mangiato. È ancora nel freezer, dove non posso nemmeno vederlo, voglio solo dimenticare. Ma non posso fare a meno di avere il piacere di mandarti una copia de La forza della ragione, che, tradotto dalla Fallaci nell'inglese della Fallaci, verrà distribuito la prossima settimana negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e in Australia e in altri Paesi di lingua inglese. Perciò, eccone una copia con dedica. Ti porgo, poco cotechinamente, i miei saluti più affettuosi. P.S. Se tu mi avessi risposto almeno una volta, ti avrei raccontato che l'estate scorsa sono stata decapitata in un enorme dipinto esposto da una galleria d'arte di Milano. Un fatto che ha destato parecchio scalpore in Italia, che ha mandato in estasi i figli di Allah e che è stato ignorato dai giudici del Politicamente Corretto. Più o meno quel che è accaduto giorni fa, quando, nel discorso che ho pronunciato al Consolato italiano di New York per accettare una delle quattro medaglie d'oro ricevute negli ultimi due mesi, ho detto di aver disegnato una vignetta sul Profeta con le sue nove mogli, tra cui quella di nove anni, e le sue sedici concubine inclusa la cammella. Ma non l'avevo pubblicata perché non ero stata capace di disegnare bene la cammella. (È vero.

) L'autore del libretto che chiede ai musulmani di eliminarmi in conformità con quattro Sure del Corano mi ha addirittura querelato Ciò significa che oggi in Italia si appellano persino alla legge italiana per incriminare un cittadino italiano di «vilipendio» per una vignetta che nessuno ha visto.

Commenti