Cultura e Spettacoli

No, il dibattito culturale no: infatti non ce n'è traccia

Si discute di populismo (senza populisti) e di Europa (solo con i filo-Ue). Per il resto la sfilata dei soliti noti

No, il dibattito culturale no: infatti non ce n'è traccia

Il fatto che Michela Murgia, insieme a Concita De Gregorio, sia la scrittrice in assoluto più presente alla fiera del libro di Milano (partecipa a dodici incontri in cinque giorni, wow!, un vero record), è la garanzia di come «Tempo di Libri», alla sua prima edizione, sia già identico alla brutta copia del Salone di Torino che vorrebbe farci dimenticare (quando la Murgia viaggiava solo a sei-sette presenze a edizione). E invece, così, la nuova fiera di Milano che comincia oggi ci ricorda che essere donna, televisiva, di sinistra, politicamente corretta e organica all'asse mediatico Repubblica-RaiTre-l'Einaudi antiberlusconiana- Feltrinelli è il profilo migliore per la «brava presenziatrice» da festival del libro. Olè. Bei tempi quando al Ligotto di Torino il programma era scandito dai nomi così radicalmente progressisti di Severgnini, Saviano, Fo (Dario o Jacopo), Daria Bignardi e Carofiglio... Infatti, sono gli stessi nomi di «Tempo di libri». Visto che in fondo qui si parla di romanzi, se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.

E così, per cambiare tutto rispetto al Salone di Torino, «Tempo di libri» è rimasto esattamente come ce lo potevamo immaginare prima ancora che fossero presentati ospiti, temi e incontri: organicamente orientato dal punto di vista politico-ideologico. Del resto, se non fosse stato così, non sarebbe stato un evento culturale. La cultura, o è di sinistra o non è.

Programma, programma! Si compulsi il programma prima di parlare! Ecco qui, programma online (www.tempodilibri.it/it/programma). Gli unici politici presenti sono Enrico Letta, Laura Boldrini, Giuliano Pisapia e Lidia Ravera. Ah, già. I politici di sinistra sono gli unici che leggono e che scrivono, hanno ragione loro. Come non detto...

Comunque c'è un doverosissimo ritratto letterario di Asor Rosa (modera Antonio Gnoli di Repubblica, strano). C'è una lezione giornalistica di Corrado Formigli (ma anche una di Carlo Freccero, dài...). C'è il tridente democratico Mazzantini-Mazzucco-Janeczek, uhmmmm... le quote rosa in narrativa... non vogliamo perdercele per nulla al mondo... Ci sono attori impegnati. Gifuni e Timi (strano che non ci sia Elio Germano...). Attenzione: c'è un bilancio su Tangentopoli 25 anni dopo. Olè! Da una parte Piercamillo Davigo e dall'altra... Come nessuno? E il contraddittorio? La memoria a senso unico. Obbligo di svolta a sinistra.

La cultura è confronto, dibattito, anche scontro. Qualche esempio tratto dal programma di «Tempo di libri»? Beh, ci sono molti incontri sul populismo (senza populisti, ma con Revelli e Damilano). Due incontri sull'America di Donald Trump (senza trumpiani, ma c'è Alan Friedman). Tre sull'Europa (senza anti-europeisti, ma con la Boldrini). E quattro sul gender (senza cattolici, ma con Alessandro Cecchi Paone e Luxuria). Ah, giovedì pomeriggio si parla di eutanasia. Con Beppino Englaro.

Per fortuna non siamo più ai tempi di Berlusconi al potere, altrimenti qualcuno tirerebbe fuori ancora il conflitto di interessi. Applicato ai libri ad esempio si può declinare nel fatto che la direttrice della fiera di Milano, Chiara Valerio, partecipa a nove incontri, presentando quattro volte il suo Almanacco del giorno prima (Einaudi), due volte Storia umana della matematica (Einaudi) e due Spiaggia libera tutti (Laterza). La sinistra libera tutto. Non c'è niente da fare.

Manca solo la beffa. Chessò, un incontro su un autore di riferimento della cultura di destra, riscoperto da sinistra. Non so... a caso... Tolkien riletto da Michela Murgia... Cazzo, c'è anche quello. Domenica, alle 18,30. Sala Verdana. Coraggio. Tra meno di una settimana «Tempo di libri» è finito.

No, non è vero... Stiamo scherzando. Dài, quando si parla di libri va tutto bene, basta che si faccia qualcosa per incentivare la lettura, invogliare i più giovani a cominciare a leggere e convincere i meno giovani che c'è sempre tempo per ricominciare. Una fiera dei libri è prima di tutto una festa. Inutile frignare sulla vecchia storia della sinistra snob e prendi-tutto e della destra ignorante e rosicona. In realtà, non esistono più né l'una né l'altra. E poi a «Tempo di libri» ci sono anche cose meno istituzionali, più curiose e scorrette. C'è ad esempio un ricordo di Witold Gombrowicz (venerdì alle 14,30), c'è il politologo francese Éric Zemmour che sui temi del multiculturalismo e dell'islamizzazione dell'Europa farà scintille (sabato alle 14,30) e c'è un incontro sulla traduzione italiana del Finnegans Wake di Joyce in cui è impegnata Mondadori da anni... Insomma c'è luce, in fondo in fondo. Il problema, però, è che in fondo al tunnel, finito «Tempo di libri», domenica 23, dal 18 maggio inizia già il Salone del libro di Torino.

A pensarci bene, un incubo.

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