Cultura e Spettacoli

"Noi, Arya e Sansa, cresciute tra draghi omicidi e guerre"

Dal 9 aprile su Sky Atlantic torna l’attesa saga tratta dai libri di George Martin

"Noi, Arya e Sansa, cresciute tra draghi omicidi e guerre"

Sono cresciute immerse in un regno fatto di spade, guerre per il potere, fuochi, draghi, sacerdotesse, morti viventi, scene di sesso violento, intrighi, uccisioni con i sistemi più turpi. Non leggendo favole macabre sui libri, vivendoli realmente. Certo, grazie a perfette ricostruzioni sul set, ma realizzate talmente bene che possono pure turbare delle ragazzine di 12-13 anni. Maisie Williams, in arte Arya Stark e Sophie Turner, in arte Sansa Stark, in questi giorni sono a Milano per lanciare lo sbarco in Italia della quarta attesissima stagione de Il trono di spade, Game of Thrones nel titolo originale. Con loro un altro personaggio chiave della storia, Davos Seaworth, all'anagrafe Liam Cunningham, attore irlandese di fama. La serie prodotta da HBO e tratta dalla saga Cronache del ghiaccio e del fuoco scritta da George R.R. Martin, arriverà, nel giorno d'inaugurazione, sul nuovo canale Sky Atlantic Hd mercoledì prossimo in seconda serata (alla 23), preceduto alle 21,10 dalla serie House of Cards.

Maisie e Sophie, attrici inglesi come molti protagonisti della serie, diventate grandi amiche, sono cresciute sul set: ormai sono donne fatte, hanno rispettivamente 17 e 18 anni, ma hanno cominciato a recitare nella fortezza di «Grande Inverno» che erano poco più che bambine. Maisie, che interpreta la secondogenita di casa Stark (una delle nobili famiglie dei Sette Regni), ragazzina ribelle che non vuole diventare una dama da dare in sposa, ma combattere come un uomo, è rimasta una scricciolo di ragazza, esile e minuta: si trucca in modo appariscente per mostrare gli anni che ha, ma la sua faccia da bambina è la sua fortuna per continuare a recitare nella saga. Sophie invece appare una donna sofisticata e pacata tanto da rispecchiare il suo personaggio: Sansa, primogenita degli Stark, promessa sposa del re Joffrey, che le ha fatto decapitare il padre, poi prigioniera degli stessi Lannister che hanno conquistato il Trono di Spade. «È vero sono cresciuta sul set - racconta Maisie -. La mia è stata un'adolescenza particolare, diversa da tutte quelle dei miei amici. Ma non sono dispiaciuta di aver perso la spensieratezza di quegli anni, non mi poteva capitare una fortuna più grande che diventare un'attrice e così famosa in poco tempo». «Io sono dovuta crescere molto in fretta - aggiunge Sophie - e stare attenta alle amicizie e alle persone che frequento. Ma quando ho cominciato, a 13 anni, ero abbastanza consapevole delle mie scelte. E mi rendo conto che questo lavoro mi ha fatto crescere e credere di più in me stessa».

Per Liam Cunnigham, che interpreta la parte dell'uomo di fiducia di un nobile pretendente al trono dei Sette Regni (Stannis Baratheon), invece, la serie è stata una consacrazione mondiale, lui, attore di cinema, si è ritrovato famosissimo: «Questo mi onora - risponde senza snobismi -. Per me l'importante è scegliere buone storie, che piacciano alla gente. Non cambia se si tratta di cinema o tv, e la Hbo sta realizzando lavori molto intelligenti. Il mio personaggio, Seaworth, poi, è davvero interessante: prima si riscatta socialmente diventando da povero a cavaliere, poi lotta per la giustizia e per mettere sul trono il legittimo erede. Peccato che sulla sua strada ci sia quella strega di Melisandre...».

Recitare in una saga fantasy non è semplice. «Spesso mi capita di dover parlare a una pallina - spiega Maisie - poi, quando rivedo le scene, questa pallina è diventata un drago che lancia fuoco o un lupo, gli effetti scenici sono incredibili, dopo tanti anni resto ancora meravigliata». Un lavoro così bello che nessuno dei tre, Maisie, Sophie e Liam vorrebbe uscire di scena (nella saga è facile morire...).

«Non possiamo rivelare il nostro destino perché la produzione ce lo impedisce (ma basta leggere i voluminosi libri per scoprirlo) - spiegano - ma se proprio dobbiamo scomparire, speriamo che sia una di quelle morti apparenti, che poi uno ritorna, perché vorremmo stare su questo set per sempre».

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