Cultura e Spettacoli

Non era solo "Monnezza". Milian, il grande snobbato

Dai poliziotteschi ai film d'autore, l'attore cubano ha conquistato il pubblico e (solo più tardi) la critica

Non era solo "Monnezza". Milian, il grande snobbato

«È sempre un momento allegro quando mi chiamano Monnezza per strada. Se un giorno tornerò a Roma, mi piacerebbe che tutti gli spettatori che non hanno dimenticato quel poliziotto birbante mi facessero festa all'aeroporto», diceva Tomas Milian, morto mercoledì a Miami, colpito da un ictus.

L'attore ottantaquattrenne, nato in un villaggio vicino all'Avana, il 3 marzo 1933 come Tomàs Quintìn Rodriguez Miliàn, era molto amato dal grande pubblico e trattato con sufficienza dalla critica, che soltanto negli ultimi tempi l'aveva rivalutato, insieme ai cosiddetti B-Movies, film di serie B detestati dagli intellettuali finché ha fatto chic conoscerli e citarli, alla Tarantino. «Avrei potuto girare unicamente film intellettuali. Ma non volevo fare a me stesso e agli altri due palle così», raccontava Milian, che invece ha portato sullo schermo, tra i Settanta e gli Ottanta, l'uomo comune nei tanti western e polizieschi dove impersonava l'ispettore Nico Giraldi, romano dai modi sgarbati, ben inserito negli ambienti della mala, avendone fatto parte in gioventù col soprannome di «er Pirata» e lo smandrappato ladruncolo Sergio Marazzi, alias «er Monnezza». Nonostante avesse girato con autori del calibro di Mauro Bolognini, Citto Maselli, Carlo Lizzani, Bernardo Bertolucci, Dennis Hopper, Sidney Pollack, Steven Spielberg e Abel Ferrara, verrà sempre ricordato come il questurino romano di Squadra antifurto, diretto nel 1976 da Bruno Corbucci. O come il balordo in salopette, con i capelli lunghi e bisunti, che non sapevi mai se fosse dalla parte della legge o del crimine, tanto i suoi modi erano spicci e brutali, da «monnezzaro», appunto e che però avrebbe animato una lunga serie di film fortunati.

Scappato da Cuba e dalla sua soffocante famiglia dell'alta borghesia cattolica suo padre, Emiliano Rodriguez, fu un generale d'un certo prestigio nella cerchia del dittatore cubano Gerado Machado e desiderava per lui una carriera da militare -, il giovane Milian s'iscrisse all'Actor's Studio di New York nel 1958. Fin da ragazzino nutriva velleità artistiche e quando, nel 1952, il padre di Milian fu incarcerato in seguito al colpo di Stato di Fulgencio Batista, intervenne la zia materna a prendersi cura di lui, adolescente, mandandolo a studiare in un collegio dei Salesiani, dove si ritrovò per compagno di banco uno dei figli di Batista. Ma il suicidio del padre, che uscito dal carcere si tirò un colpo di 45 automatica davanti agli occhi di Tomas, nel buen retiro dei nonni, sarà decisivo: finito il liceo a Cuba, Milian prima si iscrive all'Accademia teatrale della Florida e dopo si stabilisce nella Grande Mela, per seguire gli insegnamenti di Lee Strasberg. Per vivere e pagarsi i corsi di recitazione e d'inglese farà di tutto un po': sciacquino, posteggiatore, benzinaio, ragazzo-squillo. La prima occasione arriva con la serie tv Decoy (1957-58), sulla NBC. Essendo un bel ragazzo dalla pelle ambrata e dai tratti decisi, entrerà presto nelle grazie del giro gay di Jean Cocteau, che nel '59 gli consentirà di conoscere importanti personaggi del cinema italiano, come Zeffirelli, che lo volle per il lavoro teatrale Il poeta e la Musa. Con Mauro Bolognini, poi, avrebbe recitato in La notte brava (1959) e Il bell'Antonio (1960). Nel 1962 sarà Luchino Visconti a ingaggiarlo per Boccaccio 70. Insieme al cinema d'autore, arriva il momento di celebrità con Il tormento e l'estasi (1965), dove Milian diventa Raffaello accanto a Charlton Heston che fa Michelangelo. «La mia unica rivoluzione è stata il cinema», amava ripetere il cubano «de Roma», che a metà '60 lascia da parte i ruoli impegnati, per dedicarsi al genere più di moda: gli spaghetti-western. I suoi «peones» rivoluzionari, Cuchillo e Chaco, nascono con La resa dei conti di Sergio Sollima (1966) e Corri, uomo, corri (1968), dove dava il meglio di sé. Con l'arrivo del poliziottesco all'italiana, a metà dei '70, verrà lanciato come «er Monnezza». Ancor oggi questi suoi film passano spesso sul piccolo schermo: da La polizia accusa: il Servizio segreto uccide di Sergio Martino, con Luc Merenda e Mel Ferrer, a Roma a mano armata, con Maurizio Merli a La banda del gobbo, audience assicurata grazie all'iconico Tomas.

Nonostante i primi lauti guadagni, Milian continuò a coltivare velleità artistiche più «alte»: La luna (1979) di Bertolucci e Identificazione di una donna (1982) di Antonioni e un paio di film a sfondo politico, con Volontè, appagavano il suo ego cerebraloide. Verso la fine degli '80 era tornato a New York, specializzandosi come caratterista: da «cattivo» reciterà con Anthony Hopkins e Morgan Freeman. Stabilitosi a Miami, fece da spalla a Dustin Hoffman e Andy Garcia in The Lost City (2005).

Dietro di sé lascia centodieci film, il figlio Tommaso e molta simpatia.

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