Cultura e Spettacoli

Non mi è mai stato simpatico, ora mi manca

Quando muore un uomo famoso, che ha impresso la propria faccia nella mente collettiva, c'è qualcosa che muove al pianto oppure all'indifferenza

Non mi è mai stato simpatico, ora mi manca

Chi fa teatro lo sa. Quando un attore muore, la maschera che indossa non lo segue, ma aspetta di essere indossata da qualcun altro.

Ma per i volti non è così. Per i volti la morte si trasforma in un istante di verità così potente da oltrepassare quel sacro confine. Penso alle facce di tanti personaggi famosi che ci hanno lasciato, e vedo che la morte li ha cambiati: la bugia che ci hanno voluto raccontare o la verità che (magari) non hanno saputo dire acquista una forza come di granito.

Ripenso a Fabrizio Frizzi. Quando muore un uomo famoso, che ha impresso la propria faccia nella mente collettiva, c'è qualcosa che muove al pianto oppure all'indifferenza. Ho pianto alla morte di David Foster Wallace, a quella di Philip Seymour Hoffman, mentre altri non hanno suscitato in me nessun sentimento, anche se quando erano in vita li ammiravo.

Ne ho parlato con altre persone, e anche per loro è così.

A me Fabrizio Frizzi non era simpatico. Non so perché. Non mi piaceva quel suo eterno sorriso, sempre uguale negli anni, quel suo modo di fare così uguale (pensavo) al suo cognome. Quando lo vedevo sullo schermo, dicevo: oddio, Frizzi no... E cambiavo canale.

L'altro ieri mattina presto ho saputo che era morto, e così, quasi senza che me ne accorgessi, è spuntata una lacrima. Eppure non mi commuovo facilmente. D'improvviso mi sono reso conto che gli volevo bene, come si vuol bene a un cantante o a un calciatore che ci piace magari non solo per come cantano o come giocano, ma per quel qualcosa di umano che trapela dalle loro azioni.

A volte ce se ne accorge quando il personaggio è ancora in vita, altre volte bisogna aspettare che non ci sia più.

All'improvviso, quel sorriso che mi sembrava finto si è trasformato in un sorriso vero. Avevo ricevuto da poco la notizia quando due amici cari, che lo conoscevano, me ne hanno parlato come di una bravissima persona, e io ho capito che era vero, e il suo sorriso ha cominciato a mancarmi, mi sono accorto che per anni mi aveva fatto compagnia senza chiedermi nulla in cambio.

C'è chi usa la propria abilità per nascondere l'essere umano che è - la sua miseria, la sua mortalità, la sua precarietà - e chi non lo può fare, e così l'umano, per così dire, gli scappa via. Ma ciò che scappa via, che è la parte migliore di noi, poi torna inesorabilmente. La morte non è, o comunque non è soltanto, un buco nero.

Credo che questi sentimenti abbiano suggerito agli uomini, fin dalla preistoria, l'idea che qualcosa di noi sopravviva alla morte.

Se così è, forse allora un giorno rivedrò quel sorriso, e sarò capace di riconoscere tutto il bene che non ho riconosciuto qui.

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