Cultura e Spettacoli

Non mi sarei aspettato il grande successo di «Black Panther»

Antonio Lodetti

Un uomo e un artista debordante, che ha attraversato mezzo secolo di jazz ribaltando con il suo pianoforte tutte le regole della melodia e dell'armonia e trasformandosi in un tedoforo dell'avanguardia e del free jazz. È morto a New York, a 89 anni, Cecil Taylor, uno degli artisti che più hanno contribuito alla libertà formale e concettuale della musica afroamericana. Musica radicale, musica da un altro pianeta, musica «inascoltabile» come fu definità all'uscita, nel 1960, dell'album The World of Cecil Taylor(la sua sesta incisione) in cui viaggiava sull'improvvisazione totale con il sax di Archie Shepp, il contrabbasso di Buell Neidlinger (anch'egli recentemente scomparso, perché gli uomini di quella gloriosa avanguardia ancora in vita sono ormai pochi) e Denis Charles alla batteria. Quell'album fu una bomba lanciata sugli archetipi del jazz e Taylor - pianista dal grande virtuosismo e dalla grande tecnica - aveva portato all'estremo quel linguaggio musicale ardito e spigoloso partito dalla tastiera di Thelonius Monk. Libero nei ritmi e nei suoni e ostico all'ascolto (ci vuole grande pazienza e concentrazione per assimilarlo) è famoso anche per i suoi album dal vivo (ne incise una valanga) tra cui spicca Nefertiti (uscito anche sotto altri titoli) scorribanda del '62 a Copenaghen in trio con Jimmy Lyons e Sunny Murray, ma soprattutto il capolavoro del 1969, considerato una pietra d'angolo della storia del jazz, The Great Concert of Cecil Taylor, inciso in Francia con un altro guru dell'avanguardia come Sam Rivers. È universalmente riconosciuto come capolavoro estetico Conquistador, l'album del 1966 con Bill Dixon alla tromba che segnò indelebilmente la musica improvvisata degli anni '60 e '70. Celebri i suoi album solisti - esplosioni di suoni dissonanti e vicini alla musica contemporanea - in cui sembrava volare sul pianoforte e che trovano l'apice in Silent Tongues, inciso a Montreux nel 1974. Diceva di lui il suo compagno di strada Jimmy Lyons: «Suonare con Cecil mi ha fatto pensare in maniera diversa a cosa sia in realtà la musica.

È qualcosa che non ha a che fare con la circolarità o le quinte, bensì col suono».

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