Cultura e Spettacoli

Papaleo: ma che miracolo la mia «impresa meridionale»

Papaleo: ma che miracolo la mia «impresa meridionale»

«Ho il terrore che stavolta non la farò franca», confessa Rocco Papaleo, che in fondo sa d'aver avuto parecchia fortuna con il suo Basilicata Coast to Coast, film d'esordio alla regia: 3.368.000 euro d'incasso, 3 David di Donatello, 2 Nastri d'Argento tra il 2010 e il 2011. «Era un anno magro, in giro c'era poco», minimizza con voce strascicata, da disincanto del Sud. Bella soddisfazione, comunque, per l'ex-ragazzo di paese, bravo a suonare, cantare e recitare e, da quel debutto, si dice anche a dirigere film. Tant'è che adesso, per il suo bis di regia in Una piccola impresa meridionale (dal 17), si scomoda la Warner a distribuire. E si scomoda anche il Mibac, a sponsorizzare questa commedia corale ambientata in Sardegna, dalle parti di Cabras: 650.000 euro di denaro pubblico, sganciati su due piedi. C'è poi il sostegno della Regione Lazio e della Sardegna Film Commission: alla fine, la «piccola impresa meridionale» è lui, Papaleo. «Se sapessi perché Basilicata Coast to Coast abbia avuto tanta fortuna, avrei ripetuto la stessa alchimia. Fu il segreto di Pulcinella: l'ecologia esistenziale, l'idea d'andare a piedi... Fu un film autentico», spiega Rocco, che intanto, stufo di stare in affitto, s'è comprato casa. Di soldi, gliene sono entrati, soprattutto dopo la conduzione del Festival. «Sanremo ha cambiato la mia vita: ora mi pagano molto di più. Ma mi sono dovuto sporcare le mani con la pubblicità dell'Eni», ammette, ricordando le polemiche con gli ambientalisti. Come, lui, vissuto a Lauria fino a 18 anni; lui, che viene dalla Lucania Felix, sconciata dai signori del petrolio, fa il testimonial delle pompe di benzina in uno spot pubblicitario? Certo, l'Eni fu sponsor di Sanremo, l'anno scorso, e la Total, che in Basilicata ha vari interessi, ha finanziato Basilicata Coast to Coast con 300mila euro, da aggiungersi agli altri 350mila erogati dalla Giunta regionale della Basilicata e da sei degli otto GAL (Gruppi di Azione Locale). C'è di che mettersi contro i gruppi di opinione popolare: cartelli con «Rocco Papaleo, sei la vergogna della Basilicata» si sono visti ai comizi di Grillo e in tivù, da Santoro. Perciò, stavolta il regista sceglie la provincia di Oristano, invece della Val d'Agri trivellata, e porta i suoi picari (Giuliana Lojodice, Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Sarah Felberbaum) in cima a un faro abbandonato, in unità di tempo e di luogo. «Il mio secondo film ha un respiro più teatrale. Per questo è ambientato in un solo luogo, il faro», spiega. È un po' l'idea di Caos calmo, dove Nanni Moretti, autorecluso in una macchina BMW (anche sponsor del film), voleva solo starsene in pace, e invece tutti a rifugiarsi da lui. Come qui: la prostituta Magnolia (Bobulova), il cornuto Arturo (Scamarcio) e altri marginali strampalati, filano in cima al «refugium peccatorum» a strapiombo sul mare. D'altronde, don Costantino (Papaleo, qui anche sceneggiatore, con Valter Lupo) è un prete. Spretato, per la verità, ma sempre prete è: non fa l'amore con l'escort in pensione da lui, come chiarisce al marito, in cerca di romitaggio, perché il paese mormora del suo palco di corna. Glabro e dimesso, don Costantino ha buttato la tonaca alle ortiche, perché innamorato senza speranza d'una lei fatale. Invano sua madre Stella (Lojodice) lo prega di non spretarsi. «Vedrai che tutto s'aggiusta». «Ma vafangulo!», risponde lei in similpugliese, argot di riferimento di Una piccola impresa meridionale. D'altronde Rocco, in una fiction tv, fu Frate Nicola, braccio destro di Padre Pio». Su quel set ebbi un'esperienza mistica, mi sono successe cose spirituali. Dovevo essere sempre pronto a suggerire le battute a Michele Placido e per coach avevamo un frate: ci spiegava come essere frati. Al primo giorno di riprese, ho la scena madre: dovevo leggere una lettera scritta da Papa Woityla, ci voleva un miracolo. E mentre m'avvio a entrare in campo, emozionato e titubante, sento una mano che mi dà una spinta, come a dirmi: "Muoviti!". Fu una delle rare volte in cui non mi sono fatto schifo da solo», racconta Rocco. E la scelta del prete protagonista? «Nel momento in cui la spiritualità perde la sua direzione, mi piaceva l'idea di rappresentarla attraverso la figura d'un prete in crisi». Atteso al varco d'autunno, che teme come lo teme Checco Zalone, altro fortunato autore del Sud, il cui Sole a catinelle esce il 31, Papaleo trova un punto di contatto col collega. «Abbiamo una similitudine. Il rapporto con la musica. Lui suona bene la chitarra ed è autodidatta come me. La musicalità facilita l'accostarsi agli altri e a se stessi. Sono sempre alla ricerca d'una verità musicale. La verità, da sola, non è risultato sufficiente.

Bisogna essere veri, ma con un certo swing».

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