Cultura e Spettacoli

A Pesaro una «Gazzetta» da ricordare

da Pesaro

Alla fine della Gazzetta di Rossini, siamo usciti dall'omonimo Teatro di Pesaro nello stesso spirito del coro finale. «Ci vogliamo in ogni giorno la gazzetta rammentar». Sì, quest'edizione di un'opera poco nota di Rossini la vogliamo proprio ricordare, per l'accordo perfetto fra la regia di Marco Carniti e la prova offerta dall'intero cast e dal direttore, Enrique Mazzola. C'è davvero da rimanere «attoniti», dopo tante regie che pensano di re-inventare la drammaturgia operistica. Al contrario Carniti se ne è servito abilmente, costruendo lo spettacolo sulla musica, esaltando gli aspetti farseschi di una trama di inghippi e travestimenti (mutuata da Goldoni), e rendendo perfettamente omogeneo un elemento difficile come il protagonista che parla in dialetto «napolitano». Don Pomponio Storione, questo il suo impagabile nome, è un arricchito che vuol maritare la figlia tramite un annuncio sulla «gazzetta». Il librettista Palomba lo descrive come «uomo fanatico e ambizioso», ma il baritono Nicola Alaimo lo ha reso cordialissimo e simpaticissimo (fra l'altro, il suo fisico falstaffiano sembra la reincarnazione di Carlo Casaccia, il cantante per cui Rossini scrisse la parte). Alaimo è un magnifico artista capace di passare dall'eroe serio Gugliemo Tell al parvenu comico, con la stessa rossiniana aderenza. Contro le paterne aspirazioni matrimoniali congiuravano le ripicche delle donne, la figlia Lisetta e la «viaggiatrice» Doralice, e le astuzie maschili, il locandiere Filippo e il bennato giovanotto Alberto. I quattro cantanti che interpretavano gli amorosi (Hasmick Torosian, Raffaella Lupinacci, Vito Priante e Maxim Mironov), avevano doti vocali cospicue, fisico del ruolo e pepe nella recitazione a menadito.

Speriamo che chi di dovere capisca che una regia di questa classe, e per di più foriera di sano divertimento teatrale, meriti carta bianca.

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