Cultura e Spettacoli

Tra le pietre «magiche» di Sangregorio, lo scultore che amava i luoghi inattesi

Una mostra di disegni a Gagnone. E Skira progetta il catalogo ragionato dell'opera

Luigi Mascheroni

da Gagnone di Druogno (Verbania)

A Milano - dove era nato, nel 1925, e dove frequentò i corsi di scultura all'Accademia di Brera sotto la guida di Marino Marini - ha lasciato molto: le sculture per i Giardini pubblici di viale Forze Armate, il grande monolito in travertino all'Istituto Case Popolari di viale Romagna, l'Itinerario nel vuoto nell'ex Palazzo Olivetti in via Clerici... Ma Giancarlo Sangregorio (Milano, 1925 Sesto Calende, 2013) ha disseminato ovunque le sue sculture, in tutti i materiali immaginabili, dai più preziosi ai più poveri, dal bronzo e il marmo di Carrara alla pietra di Montorfano e il legno iroko. In Versilia - dove soggiornò a lungo negli anni Cinquanta - lavorò il marmo delle Apuane e modellò le sue ceramiche nelle fornaci di Viareggio. Dai viaggi nell'Africa dei Dogon e in Nuova Guinea, sulle rive del fiume Sepik, invece, riportò la passione per la cultura delle maschere e le sculture dei grandi spiriti. E in Francia (a Parigi tenne a lungo uno studio), Bruxelles, Düsseldorf, Stoccarda, Basilea, e poi in exJugoslavia, Israele, Messico, Argentina e Giappone ha esposto e venduto per anni.

Ma oggi - mentre si sta completando il lungo lavoro di riordino dell'archivio ed è già in progetto con l'editore Skira il catalogo ragionato dell'opera omnia - i luoghi di Giancarlo Sangregorio sono due. Sesto Calende (all'estremità meridionale del lago Maggiore, nel punto in cui il Ticino prosegue il suo cammino verso il Po), dove si ritirò nell'ultima parte della vita, e dove ha sede la Fondazione che porta il suo nome, presieduta da Francesca Marcellini: una casa-museo, bellissima, che raccoglie oltre 300 sculture, un corpus di circa mille opere grafiche, centinaia di tele e disegni e la sua straordinaria collezione di arte primitiva. E le valli dell'Ossola, ricche di cave, dove Sangregorio cominciò giovanissimo a scolpire la pietra. Qui, all'entrata della Valle Vigezzo, alto Piemonte - lungo un antico transito che collega l'Italia con la Svizzera - si apre il «Giardino di Montagna», il museo a cielo aperto che accoglie sette grandi opere donate nel 2010 da Giancarlo Sangregorio al comune di Druogno, proprio dove sorge - nella frazione di Gagnone - il piccolo oratorio sconsacrato di San Giulio che tra pochi giorni, dal 3 agosto al 1° settembre, ospiterà una mostra coi suoi Disegni (1990-2000). «Disegnate, disegnate e lasciate disegnare. Ogni disegno sarà il primo e l'ultimo solo con la sua logica e il suo mezzo: presenza di se stesso come un'impronta sulla sabbia o il taglio di una spada. Lasciate disegnare! Forse resterà il segno di una verità». Natura alpina, mondi misteriosi delle origini e antiche pietre.

«Dove sta di casa la scultura? - si chiedeva in uno dei suoi rari scritti Giancarlo Sangregorio, nel maggio del 1979 - Evitando di chiedersi cosa sia, forse riusciremo a saperlo. Quasi sempre lontana dai monumenti, ci capiterà di incontrarla proprio in luoghi inattesi».

E lo stretto altipiano di Gagnone su cui si alzano magicamente le opere del «Giardino» - per chi, salendo l'antica strada dei mercanti che da Domodossola porta a Locarno, se le ritrova addosso all'improvviso - è, fra quei luoghi, uno dei migliori.

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