Cultura e Spettacoli

Il pioniere surreale che architettava le risate più strambe

Aveva debuttato nei programmi di Arbore. Diventando un simbolo

Il pioniere surreale che architettava le risate più strambe

Aveva compiuto 85 anni ma avrebbe potuto denunciarne 8 oppure 40 senza che nessuno obiettasse. Mario Marenco è stato un asteroide planato sullo spettacolo italiano da chissà quale pianeta e ora se ne va senza eredi, portandosi via un'epoca irripetibile. Fresco di laurea in architettura, titolare di un atelier molto ricercato a Roma, aveva debuttato in radio nel 1970 in Alto gradimento, forse il programma che ha cambiato per sempre la nostra radio e che ha aperto la strada alle radio libere perché era irriverente, irrituale e talvolta anche indisponente tanto era imprevedibile.

Da allora l'architetto pugliese, già fidanzatino con una stellare ma sconosciuta Laura Antonelli, è diventato un simbolo di come la risata possa sgorgare dalla surrealtà e di come il filo logico possa deragliare senza una rotta precisa, ma poi ritrovarsi lì, all'improvviso, a chiamare spontaneamente l'applauso. Si dovesse per forza trovargli una qualifica professionale, Mario Marenco era un inventore. Inventava personaggi. E persino gli stessi nomi dei suoi personaggi diventavano eponimi, davano cioè i connotati di un carattere ben preciso, lo focalizzavano, lo rendevano eterno. Il colonnello Buttiglione, che scatenò l'ira del vero colonnello. Il prof. Aristogitone. La Sgarrambona, ossia una estenuante «ragazza da marito». Il favoloso Riccardino, che dovrebbe essere studiato sui libri.

Come ha detto Renzo Arbore distrutto dal dolore, «è stato un caposcuola non riconosciuto come tale». E, come spesso accade ai fuoriclasse, non c'era nulla di studiato a tavolino. Mario Marenco era un artista del tipo «what you see is what you get», cioè ciò che vedi è ciò che prendi. Niente finzioni. Una variabile impazzita. Un genio normale.

Rimanendo sempre al di fuori dello stucchevole circuito gossiparo, ha scritto libri per Rizzoli (Dal nostro inviato speciale, ad esempio) e recitato in qualche film che provava a sfruttare i suoi personaggi: Il colonnello Buttiglione diventa generale del 1974, Von Buttiglione Sturmtruppenfuhrer del '77. Poi recitò per Arbore in Il pap'occhio dell'80 e FF.SS. - Cioè: ...che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene? dell'83 anche se Fellini disse che «era troppo intelligente per fare l'attore».

«Non stava mai fermo, era una macchina da guerra, giravamo per Roma con la sua Bmw e lui tirava giù il finestrino per scherzare e spaventare i passanti», ricorda Silvia Annichiarico che da L'altra domenica in avanti ha fatto parte di questa squadra di talenti.

In effetti Mario Marenco era un fuori quota, non riusciva a essere altro che se stesso e quindi nessun copione avrebbe potuto vestirlo alla perfezione. Era insomma un fuoriclasse che, come ogni fuoriclasse, non ha eredi. Forse Nino Frassica, al quale ha riservato le ultime ospitate al Programmone di Radio2, si avvicina un po' a quel tipo di comicità stralunata e basata sull'inspiegabile e rarissima sinergia di battute, costumi ed espressioni che trasforma una persona in un'icona. Mario Marenco è stata un'icona dello spettacolo italiano libero e ispirato che riusciva a far ridere e a riflettere senza aggrapparsi pietosamente a politica o volgarità un tanto al chilo.

Avercene.

Commenti