Cultura e Spettacoli

"La poesia è sempre libertà e non tollera alcun regime"

A Milano l'autore cinese dissidente legge un'opera scritta per l'amico Ai Weiwei quando era in carcere

"La poesia è sempre libertà e non tollera alcun regime"

Si intitola Seme di girasole ed è la poesia che Yang Lian, poeta cinese in esilio dai giorni di Tienanmen, ha scritto per l'amico Ai Weiwei (infatti richiama una sua opera celebre alla Tate Modern), ai tempi in cui era finito in prigione. Yang leggerà la poesia, tradotta in italiano per l'occasione, questa sera a Milano, dove è stato invitato da Tomaso Kemeny a un dialogo alla Casa della Poesia (ore 19.30). Candidato al Nobel, Yang ha anche ricevuto pochi mesi fa il premio Pannonius e con Ai Weiwei ha pubblicato Venice Elegy (Damocle), un libro prezioso, in cui l'arte «collabora» con i versi. «Con Ai Weiwei ci incontriamo spesso, perché vive qui a Berlino. Nel '78 facevamo parte di due gruppi underground molto vicini, a Pechino. Oggi ci siamo ritrovati. Ci scambiamo idee, beviamo del vino e condividiamo anche una certa comprensione delle cose...» dice.

Quando ha iniziato a scrivere e perché?

«Appartengo alla generazione cresciuta con la Rivoluzione culturale. Ho iniziato con la poesia nel 1976, l'anno in cui è morta mia madre. Aveva solo 50 anni. E da quel momento il mio andare in profondità è diventato un dialogo con me stesso, uno sguardo che prosegue fino a oggi».

È finito nei campi?

«Vede, tutti i giovani dopo le scuole medie o le superiori sono stati mandati in campagna per la cosiddetta rieducazione: in pratica, per tre anni ho lavorato molto duramente, come un servo della gleba. Ero molto affamato...».

È vero che doveva scavare le tombe?

«Sì. Lo so che è incredibile, ma quello era un buon lavoro: dopo avere seppellito il loro caro, i familiari ti davano sempre qualcosa da mangiare. Avevo 18 anni. Una dura lezione da cui ho imparato molto, sulla Cina e sulla vita».

Che cosa ha imparato?

«Prima di tutto la relazione fra la terra e la vita umana: i contadini lavorano da generazioni la terra, sono appassionati ma anche incatenati a essa, come schiavi. La terra è la loro prigione».

E poi?

«La poesia non è mai un semplice slogan, non è propaganda. E questo si vede nel linguaggio delle mie poesie: non c'è mai una direzione facile, trovi sempre un percorso complesso per esplorare le profondità delle nostre menti, dei nostri cuori e della nostra esperienza fisica».

Ha rischiato l'arresto.

«Nel 1983. C'era un movimento per la Pulizia dall'inquinamento spirituale. Avevo 28 anni e avevo scritto un poema che parlava del Tibet e, soprattutto, di come la vita sia una lotta contro le strutture del controllo politico. Strutture che sono ben chiuse dentro di noi. Così ho imparato un'altra lezione».

Quale?

«I problemi in Cina non derivano solo da un leader o da un regime, ma dal modo di pensare che nasce da un sistema autocratico e tradizionale».

Quando ha lasciato la Cina?

«Nel 1988, per un anno in Australia e Nuova Zelanda. Poi c'è stato il massacro di Tienanmen e ho deciso che non sarei più tornato. Fino al 1994 sono stato bandito per avere pubblicato una prosa in memoria dei morti. Hanno distrutto i miei libri».

È più tornato?

«La prima volta nel 1994, da cittadino neozelandese. È stato triste e doloroso vedere la mia casa che non era più casa mia. Anche se era una mia scelta».

Qual è il legame fra poesia e libertà?

«La poesia non è legata alla libertà: la poesia è libertà, di pensiero e di espressione. E non tollera alcun regime, alcun tipo di potere di controllo della nostra mente».

Perché la poesia è «crudele»?

«La bellezza della poesia non è quella del bla bla... La sua bellezza è nell'intraprendere un viaggio difficile, per entrare nelle profondità del cuore e della mente. È un porsi domande continuo, una sfida crudele e dolorosa. Non c'è bellezza che non sia crudele».

Ha dei modelli?

«Qu Yuan, antico poeta cinese, con le sue Domande celesti: il poeta è sempre un questioner. Poi Ovidio e Dante. Tre poeti che ci offrono una grammatica della poesia: il potere creativo più bello e potente nasce sempre dalla crudeltà della vita.

È qualcosa che vale per tutti noi».

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