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The Politician, quando House of Cards incontra Wes Anderson al liceo

The Politician: ambizioni politiche di un giovane studente e stile alla Wes Anderson nella nuova serie tv di Ryan Murphy per Netflix

The Politician, quando House of Cards incontra Wes Anderson al liceo

Uscita da poco su Netflix, The Politician è l’ultima serie tv di Ryan Murphy, l’ideatore di successi quali Nip/Tuck, Glee ed American Horror Story.

Ormai è assodato, la politica è fonte di grande intrattenimento, se poi diventa il tema centrale di una serie tv, il successo è (quasi) assicurato. Con un grado più o meno elevato di prestigio infatti si passa da Scandal fino ad arrivare ad House of Cards, ed ora entra di diritto in questa lista anche l’ultima serie tv di Ryan Murphy, The Politician. Questa volta però la corsa elettorale tra i candidati, con sondaggi, proposte, nomine di vice e scandali vari, non vede partecipare democratici o repubblicani, elezioni primarie o generali, ma due giovani studenti in lizza per la presidenza del consiglio studentesco. Cambia l’arena, ma lo scontro politico è il medesimo.

Disponibile da alcuni giorni su Netflix, The Politician è quindi il racconto di un giovane ambizioso ragazzo che fin da piccolo ha ben chiaro qual è il suo sogno: diventare Presidente degli Stati Uniti d’America. Il protagonista è Payton Hobart, giovane studente della Saint Sebastian High School di Santa Barbara, interpretato da Ben Platt, attore poco conosciuto a livello seriale e cinematografico, ma che vanta una carriera teatrale di tutto rispetto e un Tony Award vinto nel 2017. Al suo fianco un cast ben calibrato che mette insieme giovani e nomi di un certo livello: da Zoey Deutch e David Corenswet (praticamente un sosia di Henry Cavill), fino a tre grandi quali Bob Balaban, Gwyneth Paltrow e Jessica Lange.

La determinazione del protagonista Payton nella realizzazione del suo destino è l’anima di ogni episodio, ma ci sono delle tappe obbligatorie per arrivare allo Studio Ovale. Payton ha dedicato tutta la sua vita a questo ed ha studiato tutti gli ex Presidenti definitivi “televisivi”, da Reagan fino ad Obama, Trump non è ricompreso nell’elenco. Ha individuato il sentiero che lo condurrà alla Casa Bianca e questo passa obbligatoriamente per Harvard, università da cui sono usciti ben sette Presidenti. Per arrivarci però è necessario che a sua volta vengano rispettati altri requisiti, oltre a media scolastica e impegni extracurriculari deve diventare Presidente del consiglio studentesco.

Payton è il figlio adottivo di Georgina, il personaggio di Gwyneth Paltrow, ha un rapporto distaccato con il padre adottivo Keaton, interpretato da Bob Balaban, nessun rispetto da e verso i due fratelli gemelli acquisiti, e nonostante l’immensa quantità di denaro di cui dispone non ne è assolutamente interessato. L’agio in cui vive, l’ambizione politica di non poco conto, la pettinatura impeccabile così come i suoi vestiti, potrebbero far pensare a Payton come ad un antipatico snob. Invece non è così. Il vero problema di Payton, di cui lui stesso si rende conto, è l’essere totalmente incapace di provare emozioni. Un automa autoprogrammatosi per diventare un politico, come ci mostra la sigla della serie.

La storia, tra gli incidenti di percorso di una campagna elettorale e la presa di coscienza di Payton circa la sua insensibilità, si svolge con episodi che in più di un’occasione sembrano film di Wes Anderson. L’accompagnamento musicale, la presenza di Bob Balaban e Gwyneth Paltrow, numerose scene, come la corsa del personaggio di Bob Balaban verso una cassettiera antica o le giornate a scuola dell’entourage di Payton, ci portano immediatamente a pensare non solo in generale al cinema di Wes Anderson ma, nello specifico, per quanto riguarda i giovani protagonisti, al modo di fare di Max Fischer in Rushmore, o a quello del piccolo Chas Tenenbaum nel film dedicato alla sua famiglia. Personaggi che, nonostante la giovane età, si comportano come adulti. Il tutto condito con un inevitabile riferimento al politico più conosciuto delle serie tv: per certi versi infatti Payton può anche ricordare lo spietato Frank Underwood, accompagnato dal suo di team composto dalla moglie Claire e dal fido Doug. Ovviamente non si arriva a vedere le stesse azioni, ma la determinazione del protagonista e la sua incapacità di provare emozioni potrebbero portare Payton ad un’evoluzione simile nel corso delle prossime stagioni.

Si potrebbe evidenziare una mancanza di coerenza complessiva della serie, ma questo non deve essere visto come un problema, piuttosto come un esito voluto. La difficoltà che colpisce lo spettatore nell’identificare The Politician rispecchia alla perfezione il problema di Payton, determinato nella realizzazione del suo sogno ma che nel perseguire questo deve pagare con la perdita delle emozioni. Questa crisi d’identità, tanto di Payton quanto della serie stessa, è spiegata alla perfezione dalla madre adottiva Gwyneth Paltrow nel primo episodio quando riconduce lo smarrimento del figlio non tanto ad una sua personale sociopatia, quanto ad un problema della sua intera generazione con “una pandemia di eccesso di comunicazione che ha portato all’assenza di intimità”.

In conclusione The Politician è più di quello che sembra a prima vista.

Proprio come il cinema di Wes Anderson si presenta in modo divertente con vestiti, ambientazioni e attori che possono disorientare, in realtà si impegna a comunicare qualcosa di importante, un messaggio che sta allo spettatore cogliere, nel frattempo allietato, ma non distratto, dal contorno.

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