Cultura e Spettacoli

Poteva superare la Vitti Ma le è mancato il vero cinema d'autore

Poteva superare la Vitti Ma le è mancato il vero cinema d'autore

L'ultima vera apparizione cinematografica di Mariangela Melato, attrice di grandissimo talento non sfruttata pienamente dal cinema italiano, è in Segreti segreti (1985) di Giuseppe Bertolucci. Film corale, tutto al femminile, sugli anni di piombo. Mariangela appare nel finale. È un giudice che deve interrogare una terrorista (Lina Sastri). Prima di andare al lavoro la figlioletta, mentre stanno facendo colazione, ancora in pigiama, le rivela che il papà ha un'altra mamma. Cioè un'amante.
È la crudeltà dei bambini. Rivelano segreti imbarazzanti, quasi per divertimento. Non c'è tempo per disperarsi. Deve affrontare una donna. Una nemica che ha ammazzato un collega. Senza neppure bisogno di domande circostanziate, la terrorista pentita spara a raffica nomi e nomi. La vita è fatta di tradimenti. Il giudice è immobile, il volto altero ed elegante. Ha una voce garbata, pulita, roca. Non muove un muscolo. Vorrebbe piangere, come sta facendo la nemica. L'unico gesto di insofferenza viene scaricato sul bicchierino del caffè di plastica tenuto in mano. Lo tritura.
Mariangela Melato al cinema ha avuto una fortuna straordinaria e al tempo stesso una sfortuna incredibile. Scorrendo la sua carriera si nota come sia diventata famosa al grande pubblico per ruoli comici. Alla fine il regista che l'ha valorizzata di più è stata Lina Wertmüller. Con lei tra il 1972 e il 1974 ha interpretato Mimì metallurgico ferito nell'onore, Film d'amore e d'anarchia, ovvero stamattina alle 10 in Via dei Fiori nella nota casa di tolleranza e soprattutto Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto. Sempre accanto a Giancarlo Giannini. Film di notevole successo commerciale, di qualità non nazionale ma internazionale.
Solo una sciagurata, demagogica e «sinistrorsa» cultura cinematografica ha potuto sottovalutare questi lavori. In sintonia con la forza del cinema nazionale, Mariangela Melato ha attraversato gli anni Settanta in lungo e in largo. Film impegnati d'autore come La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri e Caro Michele (1976) di Mario Monicelli; film militanti di estrema sinistra come Faccia di spia, (1975) di Giuseppe Ferrara; commedie diverse per stile come Di che segno sei? (1975) di Sergio Corbucci e Il gatto (1977) di Luigi Comencini. Con Steno ha partecipato al progenitore del «poliziottesco», La polizia ringrazia (1972); e alla variante rosa, progenitrice della «commedia erotica», La poliziotta (1974). Poi il cinema italiano ha deciso di eclissarsi. E anche Mariangela Melato non ha più trovato ruoli tagliati sul suo talento. Tutti la ricordano sola sull'isola, aristocratica nordica e infastidita, nelle mani del rozzo meridionale marinaio Giannini. Per scoprire che poi non è un'avventura, nel caldo agostano, così spiacevole.
Avrebbe meritato molto, molto di più. Non avrebbe sfigurato, da protagonista, in un film di Visconti, Rosi o Pasolini. Il caso ha voluto diversamente. Fare dei paragoni è sempre sbagliato. Ma è come a pensar male: quasi sempre si arriva vicini alla verità. Paragonando le carriere di Monica Vitti e Mariangela Melato, ad esempio, si nota di come siano similari pur se diversissime. Entrambe attrici comiche di successo. Entrambe attrici capaci di uscire dal ruolo comico. Alla Melato manca però la nobiltà del grande cinema d'autore. Monica Vitti ha avuto la grandissima fortuna di trovare Michelangelo Antonioni, che la volle protagonista di una trilogia (L'avventura, La notte, L'eclisse) che a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni del decennio successivo, segnò la cifra stilistica dell'arte cinematografica internazionale. Mariangela Melato non ebbe il suo Antonioni. Se l'avesse trovato, oggi saremmo costretti a parlarne in maniera assai diversa.

Ma questo mancato incontro non le ha impedito di essere una grande, grandissima attrice.

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