Cultura e Spettacoli

Quando il colore è energia e metamorfosi: le opere "in movimento" di Formichetti

A Sulmona il nuovo corso dell'artista già ospite della Biennale di Sgarbi

Quando il colore è energia e metamorfosi: le opere "in movimento" di Formichetti

Difficile che un artista abbia voglia di svelare a parole i suoi punti più oscuri. Invece Silvio Formichetti, 48 anni, una Biennale - quella curata da Vittorio Sgarbi - alle spalle, mostre in giro per l'Europa e una personale in corso nel Complesso della SS Annunziata di Sulmona, vicino L'Aquila, ci racconta che ha dato loro persino un nome: cromofobie.

Accade quando concepisce la pittura solo in bianco e nero, perché nessun altro colore è in grado di reggere il tormento e la difficoltà sulla tela. I quadri sono realizzati da gesti di colore, ora bianchi sfavillanti ora sciabolate di nero: atti veloci, intensi, quasi rabbiosi. «La cromofobia segna sempre i miei momenti difficili», racconta al telefono mentre commentiamo la ricchezza di colori (specie quelli primari: il rosso intenso, il giallo, il blu) che danno invece ritmo ai lavori che presenta ora a Sulmona. La cromofobia pare abbia lasciato spazio ad altro. Omnia mutantur s'intitola la mostra di Formichetti che, nel bimillenario ovidiano, s'spira al Discorso con Pitagora narrato nelle celebri Metamorfosi di Ovidio (nella Cappella del Corpo di Cristo, fino al 20 maggio). Curata da Pierpaolo Bellucci, presenta opere, molte di grandi dimensioni, realizzate dall'artista originario di Pratola Peligna nel giro di tre mesi, frutto di una vera e propria urgenza espressiva. Il tema stesso della metamorfosi, del tutto che muta e che cambia, appartiene al Dna di Formichetti. Parte dal figurativo Formichetti, poi arriva all'espressionismo, a una pittura gestuale e infine informale, «l'unica forma di pittura capace di tradurre l'indecifrabile». Davanti ai suoi lavori non si resta indifferenti: sono troppi, sulla tela, quei tagli di colore, quei gesti quasi prepotenti, ora rossi, ora blu, ora verdi, che occupano lo spazio. Su tutti, prevale il nero. «Il colore per eccellenza - dice - quello che riassume tutto, quello che permette di cercare i contorni delle cose, di definire ciò che non vuole essere definito», spiega e poi cita Emilio Vedova e gli altri che come lui nel nero trovarono un equilibrio del creare, che poi altro non è che la perfetta antitesi della cromofobia di cui si parlava prima.

Se proviamo ad accostarci ai suoi ultimi lavori, difficilmente troviamo delle forme o degli oggetti: quella di Silvio Formichetti è una pittura fatta di colori e materia, un luogo dove in fondo ogni cosa è possibile. Tutto può cambiare, per seguire i versi di Ovidio. «Per andare verso dove? Non lo so: faccio parlare le opere», commenta.

In un momento come questo in cui la pittura non riceve troppe lusinghe dal mercato, perso dietro nuove forme di interpretazione del reale (arte digitale, video-art, per non parlare della fotografia artistica), Formichetti ci pare un pittore dal sapore antico e genuino: si avvertono, accostandosi alle sue tele, la fatica fisica e il sudore che vi ha speso nel riempirle, anzi nell'affogarle, di colore: «L'arte non può fare a meno del pennello, del colore, del pigmento: sono convinto che la pittura non sarà mai sopraffatta dal digitale», afferma.

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