Cultura e Spettacoli

Quei festival rinchiusi nei loro "Confini"

Narrativa e saggistica sono prodotte con lo stampino. Gli autori stessi sono diventati seriali e timbrano il cartellino ogni dodici mesi o anche meno

Quei festival rinchiusi nei loro "Confini"

Due Festival, un solo titolo. Perfino i manifesti si assomigliano. A Roma, il 16 marzo apre «Libri come» (fino al 19), Festa del libro e della lettura. Tema prescelto: Confini. A Torino, dal 18 al 22 maggio si tiene il Salone del Libro. Tema prescelto: Oltre il confine. Che fantasia. Speriamo almeno che gli ospiti siano diversi. Il dubbio è lecito. Negli ultimi anni, i cartelloni delle manifestazioni, non solo quelle citate, sono a dir poco ripetitivi. Indubbiamente, la questione dei confini e dei limiti è attuale e già ampiamente sviscerata (dal solo punto di vista politicamente corretto, però). Questo non basta a spiegare l'assurdità di due festival con lo stesso titolo a poche settimane di distanza l'uno dall'altro. La sovrapposizione, ai confini della realtà, illustra bene la mancanza di idee che ha condotto la cultura italiana all'irrilevanza anche economica. Narrativa e saggistica sono prodotte con lo stampino. Gli autori stessi sono diventati seriali e timbrano il cartellino ogni dodici mesi o anche meno. L'omogeneità dell'offerta rasenta il conformismo. Basta un giro in qualunque libreria per averne conferma. È tutta una decrescita felice, un 25 aprile infinito, un elogio dell'accoglienza, un rosario di colpe dell'Occidente, una litania di infamie prodotte dal neoliberismo selvaggio. Ma qui di selvaggio c'è solo la noia. Nei cataloghi degli editori spiccano buchi clamorosi. Interi filoni culturali sono infatti ritenuti «impubblicabili» secondo gli standard ideologici correnti. Provate a cercare i grandi autori reazionari o conservatori del presente e del passato. C'è nulla o quasi. Va un po' meglio al pensiero liberale, soprattutto per merito degli editori Rubbettino e Liberilibri, impegnati a colmare un ritardo spaventoso. Scrittori giganteschi sono in parte fuori catalogo o inediti. Georges Bernanos, Henri de Montherlant, Roger Nimier... Giuseppe Berto, Giovanni Comisso, addirittura Leo Longanesi e Giuseppe Prezzolini... Altri ancora sono stati pubblicati in modo selettivo: si finge che la parte urticante non esista. Un caso per tutti, Fernando Pessoa. Non è questione di grandi o piccoli editori. Spesso i secondi sono più settari dei primi. Non è neppure un discorso contro i bestseller. Sono necessari, ma per tenere in vita un mercato sempre più povero c'è forse bisogno di creare dibattito. Quante volte si può vendere lo stesso libro alla stessa persona? Una sana contrapposizione di idee potrebbe stimolare l'interesse di nuovi lettori. Ma come si fa se tutti, in coro, dicono e scrivono le stesse cose? È difficile. Anche perché giornali, festival e programmi televisivi (più o meno) culturali si accontentano di celebrare l'eterno ritorno dell'identico. Eppure ci sono Paesi, ad esempio la Francia, dove si discute ferocemente sui grandi problemi della nostra epoca. Immigrazione, laicismo, identità europea, islam e molto altro. Ne nascono bestseller e contaminazioni politiche che nel nostro Paese sarebbero considerate eretiche.

Purtroppo per trovare qualcosa di interessante bisogna davvero andare oltre il confine.

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