Cultura e Spettacoli

«La rançon de la gloire» di Xavier Beauvois

«La rançon de la gloire» di Xavier Beauvois

da Venezia

Quello che è stato l'incarnazione cinematografica del «vagabondo», povero ma mai disperato, è morto da miliardario, però qualcuno di notte si è portato via la bara dal cimitero dell'opulenta Svizzera scelta come ultima dimora. La polizia indaga e la stampa si sbizzarrisce: le spoglie mortali di Charlie Chaplin, in arte Charlot, potrebbe averle rubate un commando nazionalista inglese che non perdona al defunto l'aver voluto morire in terra straniera; fanatici patrioti americani potrebbero averlo voluto punire per le sue simpatie bolsceviche; fanatici bolscevichi potrebbero aver fatto il colpo per meglio sottolineare la cupidigia del capitalismo, ridotto a lucrare persino sulle tombe...

In realtà, è un accordo fra morti di fame, sullo schermo e nella realtà, o almeno così lo intendono i due poveri disgraziati autori del sacrilego furto. Idealmente, Charlot è uno di loro, perennemente in fuga dalla giustizia ingiusta e dagli agguati della vita, perennemente convinto che ci sia spazio per un po' di oro e un po' d'amore. In fondo, è come chiedergli in prestito quel corpo inanimato, seppellirlo da un'altra parte e poi monetizzarne il ritorno in famiglia. Eddy, che della coppia è il più sbruffone e che è ha già conosciuto la galera, proprio in carcere ha imparato che per esempio, in Italia, c'è un «clan dei calabresi» esperto in rapimenti. Tengono il prigioniero in una grotta, non gli torcono un capello, lo rimpinzano di cibo e quando arrivano i soldi lo rimandano con tante scuse a casa. «Mai presi» pontifica con Osman, e nel caso che li riguarda non ci sono nemmeno spese di vitto... È un lettore onnivoro, Eddy, uno che sogna imprese e si sente in credito con l'esistenza. Osman no, è un algerino che in Svizzera è venuto in cerca di lavoro, vive in una baracca, ha una bambina e una moglie, quest'ultima ora in ospedale in attesa di essere operata all'anca. Lavora duro, muratore, elettricista, è in regola, ma le spese mediche non gli basterebbe una vita per pagarle.

In concorso ieri al Festival, La rançon de la gloire , di Xavier Beauvois, già autore di Des hommes et des dieux con cui quattro anni fa vinse a Cannes il Gran Premio della Giuria, è una «commedia all'italiana, agrodolce», come la definisce lo stesso regista. S'ispira a una storia vera, perché «il furto della salma» ci fu effettivamente nel cimitero di Vevey dove Chaplin venne tumulato, ma sceglie subito un'altra strada, ben visibile del resto nella stessa ambiguità del titolo. Rançon in francese sta per riscatto, materiale oppure morale, ma lo si può intendere anche come prezzo e quanto alla gloria può essere sì il simbolo del caro estinto, gloria cinematografica per eccellenza, ma vale anche per le piccole-grandi glorie che tutti i comuni mortali vorrebbero avere, l'idea di un riconoscimento, una ricompensa.

Raccontato con delicatezza, il film poggia per gran parte sulle spalle del bravissimo Benôit Poelvoorde (Eddy), stropicciato e clownesco nell'interpretare un quarantenne ladruncolo belga più a suo agio con bimbi e animali che con la durezza della vita.

Roschdy Zem è il mite, disperato Osman e Chiara Mastroianni la giovane padrona di un circo in grado di intuire il lato esibizionistico e infantile di Eddy, uno che sul palcoscenico può fare la parodia di un gangster da strapazzo, perché quella è la sua vera natura.

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