Cultura e Spettacoli

Mara Maionchi: "Rapper troppo ripetitivi. Io al Festival di Sanremo? Sì, ma solo come valletta"

Stasera la finale di «Italia's got talent»: «Bisio è anche musicista. E la Pellegrini è d'acciaio»

Mara Maionchi: "Rapper troppo ripetitivi. Io al Festival di Sanremo? Sì, ma solo come valletta"

Dopotutto Mara Maionchi è un talent a parte. Ha un'esperienza musicale come pochi, ha prodotto fiori di talenti eppure è diventata celebre con se stessa e basta. Oggi il «maramaionchismo» è uno dei pochi fenomeni trasversali che sappiano convincere grandi e piccini. I suoi modi di dire sono imitati e parodiati. E la sua attitudine è diventata un termine di paragone sia in tv che in radio. «Non mi sarei mai immaginata una cosa del genere», dice quasi meravigliata. E poi parla della finale di Italia's Got Talent che stasera Lodovica Comello presenta su SkyUno, Tv8 e Cielo: «È un programma leggero, voti ciò che ti piace, meglio di così. Spero che non mi caccino e possa rifare la prossima edizione». E qui ci sta un bel «e allooora!».

Come sono i suoi compagni di giuria?
«Bravissimi, ovvio».

Claudio Bisio?
«Lo sa che una interessante cultura musicale? Suona anche il pianoforte. Pensavo fosse più attore che musicista, ma i suoi commenti svelano una competenza che non mi aspettavo».

A Sanremo è sembrato un po' «legato».
«Può essere. Ma se devi soltanto presentare, cosa puoi fare d'altro?».

Frank Matano?
«Un comico naturale. E un professionista della madonna».

Federica Pellegrini?
«È d'acciaio, non solo dal punto di vista fisico. È una che sa analizzare con calma».

Stasera Italia's Got Talent è alla puntata finale.
«Per me è stata un'esperienza positiva. E poi sa una cosa?».

Dica.
«Mi piace l'idea di poter esprimere il mio parere senza avere poi la necessità di portare avanti i miei concorrenti come succede ad esempio a X Factor».

A proposito.
«Sono contenta che siano previsti cambiamenti in futuro. Per me è diventata una responsabilità molto grande e faticosa».

Ma lei continuerebbe a far parte di quel talent show?
«Non continuerei. E l'ho detto a chi di dovere. Vediamo come andrà ma mi sento un po' così... Mi pesa la responsabilità di portare avanti i ragazzi oppure di bocciarli. In caso di errore, dopo non c'è più il tempo di rimediare e ti ritrovi ad aver fatto soprattutto un danno al concorrente».

Ha iniziato collaborando con Ornella Vanoni e Mino Reitano. Poi nel '69 è diventata ufficio stampa della Numero Uno di Mogol e Battisti. Oggi le classifiche sono occupate da rapper e trapper.
«È interessante il loro modo di criticare alcuni aspetti della società. È un'attitudine che tanti anni fa avevano anche i cantautori storici. Però non va bene che le critiche siano fatte con un linguaggio così striminzito. Hanno un vocabolario piuttosto piccolo. E poi...».

E poi?
«A furia di parlare di soldi, uno non capisce se è apologia della ricchezza oppure no. Insomma, che palle. È stancante il richiamo al lusso sfrenato, sempre e comunque. Bisogna dare anche esempi positivi».

Cioè?
«Mi viene in mente la fiction di cui ha parlato Beppe Fiorello a Che Tempo Che Fa, Il mondo sulle spalle. Ha interpretato Enzo Muscia, un operaio di un'impresa francese che ha chiuso da un giorno all'altro lasciando senza lavoro 350 persone. Ha ricomprato l'azienda e con l'aiuto dei suoi colleghi è riuscito a ripartire. Sono esempi positivi di cui spesso ci dimentichiamo di parlare».

La canzone popolare spesso parla però di malessere. Lei a X Factor ha aiutato a lanciare Anastasio.
«Mi ha colpito molto e subito. Un talento vero. A muoverlo è il malore verso la società. Un malore che sento anche in Mahmood».

D'accordo con la sua vittoria a Sanremo?
«Sì. Di Ultimo preferivo il brano della scorsa edizione. Ma anche Irama mi è piaciuto con quel brano con un testo molto forte».

Ha commentato le serate del Festival su Rtl 102.5. Insieme con suo marito Alberto Salerno.
«È un nullafacente sempre molto curioso. Spesso discutiamo mezz'ora solo su di un singolo brano».

Ma lei a Sanremo?
«Ci andrei di sicuro. Ma solo per fare la valletta.

A modo mio, eh».

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