Cultura e Spettacoli

Un Re Artù frenetico pensato per i giovani

di Guy Ritchie con Charlie Hunnam, Jude Law, Astrid Berges-Frisbey, Eric Bana

A Guy Ritchie va riconosciuto, fin dall'inizio della sua carriera, di aver tentato di offrire, al pubblico, tra alti e bassi, prodotti differenti, sopra le righe, adrenalinici, dal montaggio frenetico, innovativi e, sovente, divertenti. Ha un suo stile, ben definito, che non cambia in base al soggetto da trattare, che plasma, invece, per adattarlo al suo credo registico. Piaccia o non piaccia (è uno che divide), Ritchie non offre mai, agli spettatori, film scontati. Avviene anche in questa sua personale rilettura, quasi Rock, del mito di re Artù che, probabilmente, manderà in bestia i puristi, ma conquisterà il pubblico giovanile. Al quale, questo King Arthur, potenziale primo titolo di una saga lunga sei pellicole (ma dipenderà dagli incassi), schiaccia ben più di un occhio, esaltando, in particolare, il fantasy d'azione e la magia, quasi sull'onda del trionfale successo de Il Trono di Spade (non a caso, uno dei protagonisti del film è Aidan Gillen, il Ditocorto del serial tv), coniugandoli agli stilemi da videogame.

Una versione quasi irriverente per raccontare il mito di Excalibur. Uther Pendragon (Eric Bana), viene ucciso dal fratello Vortigern (Jude Law) che vuole impadronirsi del trono. Prima di morire, il padre si trasforma in quella roccia nella quale la spada magica rimane intrappolata, in attesa che il legittimo erede riesca a estrarla. Il piccolo Arthur, abbandonato su una barchetta, viene salvato da alcune prostitute. Cresce così in questo bordello, infrangendo sovente la legge, fino a quando il suo destino si legherà indissolubilmente con la leggendaria spada. Lo zio, con poteri magici (merito delle Sirene a cui sacrifica persone della famiglia), farà di tutto per eliminare il legittimo erede, ma Artù (Charlie Hunnam), anche grazie all'aiuto della maga Gwynevere, capace di comunicare con gli animali, rivendicherà ciò che gli è stato sottratto con la forza. Dunque, niente Lancillotto, Ginevra, Tavola Rotonda (solo marginalmente) e Merlino (citato e basta). Se siete puristi, lasciate perdere.

Se amate farvi sorprendere e tollerate certi virtuosismi in regia, allora vi divertirete.

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