Cultura e Spettacoli

Il «Requiem» di Verdi è sempre un capolavoro

La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi nella Basilica di San Marco a Milano, dove fu presentata per la prima volta dall'Autore, è diventata nel corso di quasi un secolo e mezzo il rito musicale ambrosiano per antonomasia. Venerdì sera (12 marzo) mentre sulla piazza davanti alla facciata impazzavano i party dei novelli Odissei della settimana del Design, all'interno regnava un magico silenzio quaresimale (rotto solo dal catarro di qualche irriducibile bronchitico). Dalle navate laterali i ragazzi dell'Orchestra e del Coro MusicAeterna hanno sfilato nero-tonacati e silenziosi come monaci per raggiungere Teodor Currentzis, il direttore greco dal carisma travolgente che li aspettava per il «rito». Un monito invitava il pubblico per rispetto alla spiritualità dell'opera a non applaudire né all'inizio né alla fine (bella lezione all'ego di tanti direttori). È stato difficile trattenersi, perché l'esecuzione arci-provata (a Milano i musicisti «Eterni» erano giunti via Mosca, Parigi, Bruxelles, Colonia, Amburgo, Vienna, Ginevra, Lucerna, Aix-en-Provence e Atene) era magnifica, soprattutto per quanto manca nelle edizioni corrive: l'equilibrio dei «rapporti» e il sostegno adeguato ai solisti. Per capire la qualità basti dire che i brani più difficili come, il fugato del Sanctus di solito ruzzolato fino all'Osanna, era leggero come un merletto, e che il soprano, anche nel pericolosissimo Requiem aeternam finale, era intonato.

Lode massima al coro che ha lasciato di stucco per i colori e i chiaroscuri nel Te decet hymnus a cappella.

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