Cultura e Spettacoli

Riecco le "baby squillo". Ora sono una serie tv (che evita la politica)

Netflix racconta il caso delle giovanissime prostitute dei Parioli. Ma non parla dei clienti...

Riecco le "baby squillo". Ora sono una serie tv (che evita la politica)

Riuscire a raccontare il mondo degli adolescenti o, meglio, di quel preciso momento in cui non si è più adolescenti ma non si è nemmeno adulti, è una delle cose più difficili da portare in maniera autentica su uno schermo - grande o piccolo che sia - in Italia. Tanto più quando, come in questo caso, è uno dei casi di cronaca più sconvolgenti degli ultimi anni a essere stato il punto di partenza di Baby, la nuova serie originale Netflix, prodotta da Fabula Pictures di Nicola e Marco De Angelis, disponibile sul colosso dello streaming da venerdì nei 190 paesi dove è presente il servizio a pagamento.

Proprio come recita il titolo, l'idea della serie, che il co-fondatore di Netflix, Red Hastings, ha definito «uno degli appuntamenti più attesi della nuova stagione», nasce proprio dalla vicenda giudiziaria delle cosiddette «baby-squillo», iniziata con le rivelazioni di due ragazzine di 15 e 14 anni che nell'ottobre del 2014 agli inquirenti hanno dichiarato di prostituirsi per soldi già da un anno in un seminterrato dei Parioli.

E proprio in quel quartiere, simbolo da sempre della Roma-bene, che si svolgono i sei episodi di Baby diretti da due talentuosi registi come Andrea De Sica e Anna Negri che ha diretto le puntate clou, la 4 e la 5 quando le ragazze iniziano a prostituirsi: «Netflix voleva che fosse una donna a farlo per portare uno sguardo femminile», ha detto la regista. Bisogna subito sottolineare come la serie si ispiri solo lontanamente a quei fatti anche perché tutta la parte, diciamo così, «politica» - ricorderete il coinvolgimento tra i clienti del marito dell'eurodeputata Alessandra Mussolini, Mauro Floriani - non è presente.

Mentre quello che vediamo, in un lento crescendo drammaturgico voluto dalla sceneggiatura scritta lo scorso anno in pieno #metoo dai Grams, un nuovo collettivo composto da cinque giovani autori (Antonio Le Fosse, Re Salvador, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti e Giacomo Mazzariol) capitanati dai veterani Isabella Aguilar e Giacomo Durzi, sono le strade diverse e anche problematiche di un gruppo di adolescenti alla ricerca della propria identità e indipendenza. La serie è molto corale anche se, alla fine, tutto ruota attorno alle figure di Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani). In un mondo apparentemente tra i migliori, ovattato dai soldi che non serve neanche esibire, dalle belle case, dalle divise perfette delle scuole esclusive, l'insoddisfazione tipica dell'età giovanile non viene soffocata. Anzi qualcuno dirà che è proprio per colpa di quel mondo patinato che qui sembra essere maggiore.

Ma la serie, che racconta molto bene l'interazione dei ragazzi con i social e ci fa ascoltare la loro musica (dalla trap ai Maneskin), non giudica i suoi personaggi. Anzi c'è un accompagnamento amoroso anche nelle loro scelte più discutibili. Ma certo quello che non viene celato è il mondo spesso ambiguo degli adulti (con le madri interpretate da Isabella Ferrari, Galatea Ranzi e Claudia Pandolfi) rappresentato esclusivamente attraverso lo sguardo dei figli che riesce a mostrare gli errori e le mancanze genitoriali quasi come in una radiografia.

O, e riguarda soprattutto le figlie nei confronti delle madri, come uno specchio rivelatore di modelli che producono inquietudini profonde e senza età.

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