Cultura e Spettacoli

Il ritorno di Mark Knopfler "Il mio omaggio agli outsider"

Il grande chitarrista pubblica un disco e scherza: «Sono un autodidatta, suono le sei corde come un idraulico...»

Il ritorno di Mark Knopfler "Il mio omaggio agli outsider"

nostro inviato a Cesena

Ma non gli importa, anzi. Dopotutto era una delle tante rockstar, ora è unico. In quasi vent'anni, dal '77 al '95, Mark Knopfler «era» i Dire Straits, li ha fondati, li ha portati al successo planetario, ha riempito stadi e primi posti in classifica con capolavori come Sultans of swing o Money for nothing o Walk of life. Poi li ha sciolti e addio, non li riformerà mai più. «Volevo solo avere una band che suonasse le mie canzoni», ha spiegato l'altra sera al Teatro Bonci di Cesena sulla poltrona d'onore del festival IMAGinACTION 2018, l'unico festival internazionale dedicato al videoclip. Da quando ha mandato in archivio i Dire Straits è uno dei pochi, forse l'unico, ad aver abbandonato il posto fisso del successo per tornare a essere un chitarrista cantautore: «Suono la chitarra come un idraulico, un insegnante mi guarderebbe e se ne andrebbe. Però non ho mai preso lezioni di chitarra quindi, se sbaglio, sappiate che sono un autodidatta» ha sorriso ben sicuro che nessuno può farglielo notare. A 69 anni, rilassato ma timido come sempre, l'ex praticante cronista dello Yorkshire Evening Post è uno degli ultimi maestri della chitarra in circolazione e lo conferma anche il disco che uscirà tra un mese, Down the road wherever, privo di qualsiasi appeal commerciale ma intriso di un suono così caldo, così blues che è un piacere ascoltarlo. «Il titolo («Dovunque lungo la strada» - ndr) mi viene da una frase che mi disse il grande Chet Atkins: Sono uscito dalla povertà canzone dopo canzone. Dice che è un incoraggiamento per chiunque oggi stia attraversando un momento difficile? Decisamente sì. Non ci avevo pensato ma anche il singolo Good on you son rispecchia questa idea: è una celebrazione delle persone che hanno avuto successo nella vita partendo dal nulla». In fondo a lui è capitato così. Nato a Glasgow da un'insegnante e un architetto scappato dai nazisti che avevano invaso l'Ungheria, si è pagato gli studi lavorando in una fattoria e poi bevendo «tutti i caffè che c'erano in giro per ascoltare i concerti della mia zona».

Un fuoriclasse fai da te.

«Per tanto tempo mi sono esibito nei club folk soltanto con la chitarra acustica perché non avevo il coraggio di chiedere a mio padre i soldi per un amplificatore». Erano gli anni Sessanta e Settanta e la chitarra era il tablet per i sogni di qualsiasi ragazzo che con sei corde cercava la libertà.

Mark Knopfler con le sue Fender è andato oltre: ha inventato un suono, tagliente ed essenziale. Quando Money for nothing diventò il primo video trasmesso da Mtv Europe nel 1987 era anche uno dei pochi brani mainstream che uscisse dalla melassa pop e new wave. Successo mondiale, naturalmente. Lui racconta un dettaglio che ora sfugge ai più: la voce introduttiva della canzone, quella che dice «I want my Mtv»,è di Sting. «Eravamo nella piccola isola di Montserrat a registrare e dissi: Quanto vorrei che Sting fosse qui. Qualcuno mi ha risposto: Guarda che è qui. Lui è entrato nel nostro studio e mi ha detto: Che c'è che non va?. Vorrei tanto che cantassi questa cosa per me. L'ha fatto ed è stato fenomenale». Una volta Sting ha detto che il suono di chitarra del brano, chirurgico e unico, è frutto solo di uno stratagemma: abbassare al minimo i bassi della chitarra e alzare al massimo gli acuti. «Ma no, forse era ubriaco ma non ditegli che l'ho detto», scherza Knopfler con l'ironia british di chi ha dato del tu al mega successo ma poi ha preferito tornare a parlare a quattr'occhi con la normalità.

Essendo un fuoriclasse, non è cambiato di una virgola.

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