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Tra sabotaggi e sorprese si sfidano «Argo» e «Lincoln»

I due film favoriti per le statuette principali nonostante le critiche ricevute per gli errori storici. Zero Dark Thirty penalizzato dalla questione tortura

Tra sabotaggi e sorprese si sfidano «Argo» e «Lincoln»

Certo poi alla fine vale sempre il «che vinca il migliore». Ma quest'anno è veramente molto difficile pronosticare quale sarà il film a collezionare più statuette nella tradizionale serata degli Oscar che questa notte si svolgerà a Los Angeles. Già solo individuare il miglior film tra i nove candidati è un'ardua impresa per la quasi unanime e indiscutibile qualità dei contendenti: Amour di Michael Haneke (che ha vinto ieri 5 Cesar, gli Oscar francesi), Argo di Ben Affleck, Django Unchained di Quentin Tarantino, Il lato positivo -Silver Linings Playbook di David O. Russell, Lincoln di Steven Spielberg, Les Misérables di Tom Hooper, Re della terraselvaggia (Beasts of the Southern Wild) di Benh Zeitlin, Vitadi Pi (Life of Pi) di Ang Lee, Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow. Nove titoli su cui qualcuno non ha evitato di fare ironie e qualcun altro ipotizzare tentativi di sabotaggio. Poi ci si sono messi anche i membri dell'Academy che, alla vigilia della premiazione, hanno iniziato a svelare, anche se in forma anonima, come hanno votato. Proprio come un regista che all'Hollywood Reporter ha snocciolato oltre ai voti anche parecchi giudizi al curaro. Qualche esempio? Tarantino? «Una masturbazione di tre ore». L'outsider Haneke? «Un misantropo e Amour mi ha fatto sentire una merda». Il grande favorito Argo?. «Un bel po' di nulla». Mentre per l'anonimo giurato è Zero Dark Thirty, il film sull'uccisione di Osama Bin Laden, il migliore dell'anno. Peccato che quasi sicuramente sarà anche quello che non vincerà la statuetta.

A spiegarne il motivo ci ha pensato il Los Angeles Time con un lungo articolo in cui ha ripercorso le polemiche che hanno accompagnato il film. E pensare che alla prima proiezione di settembre con i capi della Sony, la regista e lo sceneggiatore nonché suo fidanzato - forse già ex - Mark Boal, era stato stappato lo champagne per brindare alle future e sicure statuette. Poi Zero Dark Thirty ha vinto numerosi premi della critica ma, proprio nei giorni in cui i votanti dell'Academy indicavano le loro nomination, la sua corsa sfrenata ha subito un'improvvisa, brusca e inaspettata virata quando sono scesi in campo alcuni politici, come la senatrice Dianne Feinstein del partito democratico, che hanno condannato il film per la sua rappresentazione «empatica» della tortura. Una tempesta mediatica a cui la Sony, spinta unicamente dal ragionamento sui profitti, ha di fatto deciso di non rispondere con fermezza per non intimidire gli spettatori. Scelta giusta per il botteghino ma un po' meno per le nomination (miglior film, attrice, montaggio, suono e sceneggiatura originale) dalle quali è stata esclusa, non a caso, proprio la Bigelow per la regia. Con il risultato probabile che saranno altri film a vincere, i favoriti Argo e Lincoln, senza escludere il sorprendente Il lato positivo e Amour trionfatore ai Cesar.

Di certo non vinceranno l'Oscar per l'accuratezza alcuni consulenti storici, di solito mitizzati, che invece hanno toppato alla grande. Lasciando da parte il fumettistico Tarantino a cui la verosimiglianza storica sembra non essere richiesta (ma sui siti specializzati ci sono pagine intere di errori), è il sommo Steven Spielberg che si ritrova a dover mettere mano all'edizione dvd di Lincoln perché nel film, incentrato sul decisivo voto per l'abolizione della schiavitù, si assiste al «no» contro il tredicesimo emendamento di due democratici eletti in Connecticut. Un odierno deputato ha invece scoperto che tutti i deputati di quello Stato votarono «sì». Non proprio una cosa da poco visto che è in ballo lo stare dal lato giusto della storia.

E, a proposito di presidenti, ce n'è un altro che sembra essersi comportato egregiamente durante la sua presidenza. È Jimmy Carter che appare alla fine di Argo per dire che la storia, apparentemente fantasiosa con la rocambolesca liberazione degli ostaggi americani rifugiatisi nell'Ambasciata del Canada a Teheran nel 1980, era tutta vera. Non ricordando però il fallimento dell'altra sua operazione, più importante, per liberare tutti i 52 diplomatici dell'ambasciata statunitense sotto ostaggio con otto militari morti. Carter per questo ha perso la presidenza oltre alla beffa di vedere liberati gli ostaggi nel primo giorno d'insediamento del suo successore Reagan.

Una storia che ancora non abbiamo visto al cinema.

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