Cultura e Spettacoli

Da Sanremo all'aerobica: addio a Lara Saint Paul

Aveva duettato con Louis Armstrong, piaceva a Ray Charles e poi diventò la Jane Fonda italiana

Da Sanremo all'aerobica: addio a Lara Saint Paul

C'era, nella voce di Lara Saint Paul, una miscela d'altri tempi, quella potenza e quella sensualità che sono state l'apripista di un'epoca musicale. E, come tanti inconsapevoli pionieri, se ne è andata quasi dimenticata, ieri, dopo un lungo calvario nella malattia di fianco alla figlia Manuela e alla sorella Loredana. Era nata nella Asmara del 1945 occupata dall'esercito inglese e aveva debuttato al Festival di Sanremo nel 1962 con l'esotico e improbabile nome d'arte di Tanya, cantando I colori della felicità e impressionando soprattutto gli addetti ai lavori. Era di una bellezza unica e statuaria che il successivo nome d'arte, Lara Saint Paul, consacrò anche al grande pubblico televisivo prima al Festival della Canzone Napoletana del 1967 e poi a quello di Sanremo, anno decisivo 1968, duettando addirittura con Louis Armstrong nella non memorabile Non mi va di cantare. Da quel momento Lara Saint Paul diventò un tesoro dello spettacolo italiano in una fase nella quale c'era molta più curiosità di oggi e le carriere riuscivano a diventare fulminee semplicemente per il volere del pubblico. Prima il debutto nel varietà con Quelli della domenica e poi con Raffaele Pisu ne La domenica è un'altra cosa del 1969. Un momento d'oro per questa interprete che aveva una tale estensione vocale, e un timbro così caldo e particolare, da convincere nel 1973 addirittura Quincy Jones, quello che un decennio più tardi produsse Thriller di Michael Jackson, ossia l'album pop più venduto di sempre. Con lui registrò il singolo Non preoccuparti/ Adesso ricomincerei che finì nel trentatre giri Lara Saint Paul. Con una perla dimenticata: sotto il titolo Mi fai morir cantando c'era l'adattamento italiano di Killing me softly whit his song di Roberta Flack, uno dei brani più interpretati nella storia della musica leggera. Da ascoltare con curiosità e piacere.

Dopotutto, in quegli anni Lara Saint Paul era così esplosiva e vitale da contagiare anche gli entusiasmi di Ray Charles, Stevie Wonder, Bill Conti, Henry Mancini e The Pointer Sisters. Poi arrivò la dance.

E lei, ormai compagna del grande produttore Pier Quinto Carriaggi, incise I feel so nice nel 1981 prima di diventare la Jane Fonda italiana. Sull'onda dell'esplosione mondiale dell'aerobica, lei incise una serie di videocassette (ora oggetti preistorici, allora veri status symbol) su questo nuovo sport finalizzato a quel benessere fisico che tuttora si chiama fitness. Fu il picco di fama italiana di questa donna invidiata e talentuosa che dagli anni Novanta ridusse sempre più l'attività live (memorabile il Lara Super Special con l'orchestra di Gualandi nel 1992) fino a sparire quasi interamente dalle scene. Era, anche lei, la superstite di un'epoca che con il volgere del Duemila sembrava consegnata irrimediabilmente agli archivi. Così di quella donna nata con nome italiano (Silvana), da genitori cresciuti sotto il governo italiano, iniziò a evaporare il ricordo. Era arrivata a Roma da migrante ed era riuscita a toccare il vertice del successo, passando addirittura a Canzonissima (nel 1971) e arrivando in finale al Festival (1972, con il brano Strana). È stata, insomma, una storia neorealista, la sua. Fatta di gavetta, talento e sacrifici. E pure di denari e scintillii, come si conveniva a chiunque negli anni Sessanta e Settanta avesse il successo vero, quello popolare e televisivo.

Da vent'anni però Lara Saint Paul era più che altro un nome nella memoria. E la sorte l'ha costretta ancor di più all'angolo, obbligandola addirittura a denunciare in tv da Lorella Cuccarini (Domenica In dell'aprile 2013) la miseria economica nella quale stava galleggiando. E non è stata di certo la concessione della legge Bacchelli, ossia dell'assegno straordinario e vitalizio previsto per «cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità», a cambiare nel 2014 la sua traiettoria malinconica.

Con lei, ieri, se ne è andato un riflesso bello e memorabile dell'epoca che dal bianco e nero è passata al colore, nella musica, in tivù e nella vita di una generazione.

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