Sanremo 2019

Sanremo, buona la prima: ecco le pagelle dei big

Musicalmente il Festival passa la prima prova. E anche con voti (mediamente) alti. Sotto tono Renga, super Cristicchi e Arisa

Sanremo, buona la prima: ecco le pagelle dei big

Lasciate perdere le polemiche. Quando inizia la musica, il Festival di Sanremo diventa una parentesi nella cronaca e chissenefrega del resto. La prima serata di questa edizione numero sessantanove è stata musicalmente la più concentrata degli ultimi anni. Nessun super ospite hollywoodiano. Niente interventi di comici, a parte quelli dei due presentatori che, anche in versione Quartetto Cetra con Baglioni e Claudio Santamaria, hanno comunque fatto ruotare l’ironia intorno alle note. E anche i due ospiti sono stati inattaccabili. La ‘Fall on me’ di Andrea e Matteo Bocelli è stata intensa, in sostanza un riassunto del bel canto che rende l’Italia inconfondibile nel mondo. Mentre Giorgia, anche in duetto con Baglioni in Come saprei, è stata ciò che oggettivamente diventa un pezzo di musica da ricordare per questa edizione.

Poi ci sono i brani in gara. Qualcuno è sembrato sotto tono, ad esempio Francesco Renga che in ‘Aspetto che torni’ è stato il primo ma non ha convinto tutti, esattamente come Nek e la coppia Nino D’Angelo e Livio Cori, troppo disomogenea per sembrare convincente. E diciamo che non è stata la serata delle coppie. Federica Carta e Shade non sono andati oltre la sufficienza mentre Patty Pravo e Briga ne sono scesi ampiamente sotto, complice anche qualche problema tecnico e un’evidente distonia tra le loro voci. E’ un Sanremo per solisti. L’Argentovivo di Daniele Silvestri con Rancore è stato una vetta della serata, così come Ultimo (candidato alla vittoria e favoritissimo nelle quote Sisal) e l’imprevedibile Achille Lauro. Probabilmente a casa il pubblico di Raiuno sarà stato disorientato da un 28enne con il volto tatuato che canta Rolls Royce su di un riff di chitarra pop punk, ma questo potrebbe essere una delle sorprese di questa edizione. E se non è una sorpresa Simone Cristicchi, il suo ‘Abbi cura di me’ è praticamente una poesia recitata con una intensità da attore. Davvero super.

Anche Arisa ha alzato l’asticella visto che il suo ‘Mi sento bene’ è una reale dimostrazione di bravura con un inciso che, come conferma Mara Maionchi, potrebbe diventare anche un tormentone. Con un solo limite: è talmente difficile da interpretare che l’unica a poterlo fare è proprio Arisa. E dopotutto anche i Negrita sono unici nel loro rock tradizionale, nonostante ‘I ragazzi stanno bene’ abbia un testo significativo ma un ricamo musicale meno riuscito di altri loro classici, specialmente nella parte delle chitarre. ‘Cosa ti aspetti da me’ si è chiesta Loredana Bertè con un brano alla Vasco al quale lei non ha dato una interpretazione all’altezza delle aspettative: troppo lineare, poco teatrale, pochissimo Bertè. Invece la Tatangelo, piaccia o non piaccia, è stata la miglior Tatangelo di sempre a Sanremo, matura e consapevole nell’interpretazione (a proposito, la sua esibizione è stata la duemillesima nella storia del Festival).

E se Ghemon cresce ascolto dopo ascolto (occhio al ritornello ‘Rose viola’), Einar e Boomdabash non si staccano dai rispettivi cliché, così come gli Ex-Otago dimostrano di essere fuoriclasse destinati a un pubblico molto meno popolare di quello del Festival. Invece Mahmood e Il Volo lo fanno. Il primo (applaudito in sala stampa) intercetta con ‘Soldi’ un pubblico giovane, invece ‘Musica che resta’ piacerà soprattutto fuori dall’Italia. Infine, a tarda notte è passato Enrico Nigiotti con la sua voce sognante che forse l’arrangiamento non ha abbastanza valorizzato. Discorso a parte, infine, per Motta che gioca una gara a convincere il grande pubblico più che a vincere il Festival, e per Paola Turci, ormai calibrata nella propria dimensione ideale, quella di chi racconta storie autentiche. Per farla breve, musicalmente il Festival passa la prima prova.

E anche con voti (mediamente) alti.

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