Cultura e Spettacoli

Saunders va in Purgatorio e sconta i peccati americani

"Lincoln nel Bardo" segna l'atteso esordio nel romanzo dell'autore. Che però ha perso un po' della sua anima...

Saunders va in Purgatorio e sconta i peccati americani

George Saunders è fra gli scrittori statunitensi di maggior talento, e si è distinto per i suoi racconti brevi che indagano gli incubi più nascosti del «sogno americano», svelandoli con una comicità che ricorda l'umorismo di Mark Twain, la feroce ironia di Kurt Vonnegut e gli sperimentalismi di John Barth, tra i primi autori postmoderni del '900. Citiamo le raccolte Il declino delle guerre civili americane, in cui racconta la brutalità del capitalismo ambientando le storie in un parco giochi a tema come metafora del mondo; Pastoralia, short story specchio del desiderio costante di approvazione di un'America che attraverso le grandi corporation spersonalizza migliaia e migliaia di persone formato badge; Nel paese della persuasione, in cui denuncia come noi consumatori siamo continuamente plagiati dal marketing e come ogni esperienza ed emozione umana sia ormai completamente mercificata.

Nulla di nuovo sul fronte occidentale, in Europa scrittori e sociologi si interrogano sul tema da almeno un secolo, ma è proprio la comicità nera unita a un realismo quasi implacabile a rendere Saunders originale nel suo genere. Lo scorso febbraio uscì il suo primo romanzo Lincoln nel Bardo (che in Italia arriverà il 31 agosto da Feltrinelli nella traduzione di Cristiana Mennella, pagg. 352, euro 18,50) accolto con grandissimo favore sia dai maggiori autori americani, sia dalla critica. Secondo Thomas Pynchon, «Saunders scrive le storie di cui abbiamo bisogno di questi tempi»; per Jonathan Franzen, «ottiene l'impossibile senza sforzo: siamo fortunati ad avere un genio come lui»; mentre per Colson Whitehead questo romanzo è «un capolavoro di generosità e umanità». Michiko Kakutani, la più temuta critica degli Stati Uniti, recensendolo sul New York Times ha sottolineato: «Nessuno scrive con maggior potenza sul concetto di perdita, sfortuna e mancanza di appartenenza». Ritenuto uno dei dieci migliori romanzi dell'anno dall'Entertainment Weekly, tra i candidati al prestigioso «Man Booker Prize», negli scorsi giorni Amazon America lo ha inserito tra i 20 migliori romanzi del 2017.

Un caso letterario al quale, però, non è seguito altrettanto successo di pubblico, a dimostrazione del fatto che la critica letteraria statunitense ha ormai quasi del tutto perso la propria credibilità presso i lettori. Perché dopo l'uscita di Lincoln nel Bardo è nato un dibattito sui maggiori quotidiani e riviste, durato mesi, su questo inedito Saunders non più in versione short. Anche in Italia si è spesso scritto dell'indubbia genialità di Saunders, ma le vendite non sono state tra le più lusinghiere diversamente, a esempio, da quanto accaduto per Jonathan Franzen. Saunders è stato trasformato, e quindi condannato, in scrittore radical chic, in autore di culto e per pochi. Mentre è vero il contrario: i romanzi di Franzen sono di poco superiori, come qualità e inventiva (un remix dei temi più cari agli scrittori degli anni '50 e '60, da Richard Yates a John Cheever) a quelli di un qualsiasi scrittore senza inventiva italiano. Di originale, in Franzen, c'è nulla, ma è efficacissimo nel far passare i propri libri come classici.

Saunders, nato nel paesino di Amarillo, in Texas, ha studiato a Chicago e si è formato nei suoi sobborghi, non ha mai coltivato i salottini newyorkesi (diversamente da Franzen) ma è rimasto bloccato dalla propria umiltà, dichiarando sempre nelle interviste: «Qualsiasi pretesa io possa avanzare sull'originalità della mia narrativa è solamente il risultato di questo mio strano background: fondamentalmente io che lavoro in modo inefficiente, con strumenti difettosi, in un ambiente in cui non ho abbastanza conoscenza per comprendere tutto. Come se un saldatore si mettesse a disegnare vestiti». L'occasione per capire se, dopo il debutto nel romanzo, le cose per lui sono cambiate sarà la prima presentazione italiana del romanzo che si svolgerà al Festivaletteratura di Mantova (venerdì 8 settembre, ore 16, nel dialogo con Marco Malvaldi Scrivere è far parlare i fantasmi, a Palazzo San Sebastiano).

Leggendo il libro in anteprima, nell'edizione americana, si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un Saunders più consapevole del proprio talento, ma al contempo più allineato. La storia racconta del dolore provato da Abraham Lincoln durante la Guerra Civile. Iniziata soltanto da un anno, già lascia intravedere i segni della catastrofe. Nel febbraio del 1862 Willie, suo figlio di undici anni, si ammala e muore. Un dolore straziante, tanto che, come riportano i giornali dell'epoca, Lincoln si recò nella cripta dov'era sepolto il figlio e si fece aprire la bara per un ultimo abbraccio. Saunders è bravissimo a descrivere la vita di Lincoln visto come marito, come uomo sicuro in politica quanto insicuro nella vita coniugale e familiare. Da qui parte un romanzo tra il gotico e il surreale, con pagine di umorismo ottimamente riuscito (come metafora di un'America messa in ginocchio) alternate a pagine di intensa tenerezza. È un viaggio nella mente di un padre che non riesce a elaborare la morte del figlio e lo cercherà in un territorio tra la Divina Commedia e la Spoon River di Edgar Lee Masters. Il romanzo si svolge in una sola notte, in un limbo dove tutto è possibile, dove la logica convive con l'assurdo, le vicende vere con quelle inventate, dove tragedia e farsa si compendiano in un'unica realtà indifferenziata e contraddittoria. Come si può vivere, amare e compiere grandi imprese, sapendo che tutto finisce nel nulla?

Tra soprannaturale e thriller, Saunders per tutto il romanzo si pone la domanda: possibile che l'amore finisca dopo la morte? Con suggestioni che ricordano le tradizioni religiose egiziane e cristiane, attraverso una sorta di racconto corale a più voci (anche le più improbabili) lo scrittore ci porta in realtà in un Purgatorio cristiano molto simile all'America di oggi. Forse per questo è piaciuto così tanto a una certa nomenklatura di intellettuali statunitensi. Il romanzo scorre bene, soprattutto per chi già conosce Saunders. Il quale però ci è parso più preoccupato di allinearsi al pensiero dei tanti scrittori anti-Trump, piuttosto che intenzionato a lasciarsi andare a quella fervida fantasia che anima i suoi racconti. In un romanzo popolato di anime, Saunders sembra aver perso la propria.

Venduta, più che al Diavolo, al genere classico istantaneo alla Franzen.

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