Cultura e Spettacoli

Scamarcio lo "Spietato" tra rapine e violenza nella Milano da bere

Renato De Maria rilancia il poliziottesco. Nelle sale dall'8 al 10 e dal 19 su Netflix

Scamarcio lo "Spietato" tra rapine e violenza nella Milano da bere

«Nella Milano da bere vince chi ha più sete». Recita così il puntuale annuncio che campeggia sulla locandina del film Lo spietato (dall'8 al 10 aprile al cinema per approdare poi il 19 direttamente su Netflix), nuova incursione del regista Renato De Maria, dopo l'esperimento nel 2015 di Italian Gangsters, nel mondo della malavita organizzata, con Riccardo Scamarcio a percorrere la parabola di un criminale di spicco, Santo Russo, di famiglia calabrese ma milanese d'adozione. Cosa che rivendica quando la moglie, interpretata da Sara Serraiocco, parla nel dialetto di Platì e lui la zittisce perché «così i bambini crescono male». Siamo appunto nella Milano da bere, in pieni anni '80, dove il protagonista sguazza e vuole sentirsi proprio parte di quella società del benessere che imita guidando vistosi bolidi colorati, con l'orologio sul polsino come l'Avvocato (Agnelli), con l'attico con vista sulla Madunina per l'amante chic (la francese Marie-Ange Casta sorella della più famosa Lætitia). È un criminale venuto su a rapine (anche alla Standa!) e a sequestri di persona ma che si fa chiamare imprenditore per via del piccolo cabotaggio dei subappalti che divora nel settore edilizio. Ma è con l'arrivo dell'eroina che i soldi scorreranno a fiumi modificando, anche sul piano personale, sentimenti, amicizie, desideri e ambizioni. Prima dell'implosione.

Liberamente ispirato al libro Manager Calibro 9 di Pietro Colaprico e Luca Fazzo (Garzanti) sul vero boss Saverio Morabito poi pentito, Lo spietato cambia il titolo anche se è proprio a quel tipo di film evocati - in primis Milano calibro 9 di Fernando Di Leo (curioso, proprio ieri ne è stato annunciato il sequel dal regista Toni D'Angelo) - che il regista De Maria guarda in questo poliziottesco, «un po' crime story e un po' comedy», come dice lui: «Siamo partiti da una storia vera ma l'abbiamo completamente riscritta pensando al cinema. Io sono cresciuto con quello di genere - che è insieme azione, tragedia greca, ascesa e potere, storia d'amore e spettacolarità - con Melville e gli americani. Poi è anche vero che chi, come me, è nato in periferia, al bar questi personaggi li incontra e ci parla. E, in prima battuta, sono anche simpatici». Anche Scamarcio, che in questi giorni si sta doppiando in inglese per la versione distribuita in tutto il mondo da Netflix, dice di essere cresciuto con questi film: «Quando il regista mi ha fatto leggere la sceneggiatura, gli ho chiesto: Ma che film vuoi fare?. Quei bravi ragazzi mi ha risposto e io ho allora accettato immediatamente anche perché la Milano che raccontiamo non è così diversa dalla mia Andria in Puglia. Anche lì c'erano figuri che giravano in Ferrari con gli orologi d'oro al polso. Dicevano che facevano gli imprenditori ma facevi davvero fatica a credergli».

Perfetta l'ambientazione del film che si muove dal centro di Milano al suo hinterland scegliendo Buccinasco come punto nevralgico della 'ndrangheta che si stava prendendo il Nord senza rinunciare alle tradizioni, come la celebrazione della famosa festa della Madonna di Polsi.

Molto precisa anche la colonna sonora scritta da Emiliano Di Meo e Riccardo Sinigallia che interpreta Malamore di Enzo Casella, uno degli strepitosi brani di repertorio insieme a quelli di Tony Dallara (Come prima più di prima), Caterina Caselli (Cento giorni) e Raf (Self Control).

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