Cultura e Spettacoli

Schoeps, l'ebreo nazionalista che voleva la Prussia imperiale

Prima "fedele a Hitler", nel 1938 fuggì dalla Germania ma rimase sempre devoto alle sue idee conservatrici

Schoeps, l'ebreo nazionalista che voleva la Prussia imperiale

Qui siamo di fronte a un autore e a un libro particolari. Hans-Joachim Schoeps (Berlino, 1909 Erlangen, 1980) era un intellettuale ebreo nazionalista, cui fu consentito di pubblicare ancora nel Terzo Reich un volume delle opere di Kafka (sotto la cura di Max Brod), poiché era considerato «hitlertreu» («fedele a Hitler») finché a Natale 1938 capì l'antifona e fuggì in Svezia, pur mantenendosi coerente con le sue idee conservatrici. Ma ciò che è strabiliante è che il padre, Julius Schoeps, nato nel 1865 nella Prussia Occidentale, medico militare, pluridecorato, anche lui nazionalista convinto, non abbandonò il Terzo Reich, anzi si sentì in dovere a 75 anni di presentarsi volontario quando Hitler nel settembre 1939 dichiarò guerra alla Polonia. Come finì? Lui morì nel Lager di Theresienstadt e la moglie in quello di Auschwitz. Nel dopoguerra il figlio tornò in Germania, ebbe come risarcimento la cattedra all'Università di Erlangen e seguitò a pubblicare opere a favore della comprensione ebraico-tedesca, nonché scritti animati da una struggente nostalgia per la Prussia e per la dinastia degli Hohenzollern come testimonia un libro pubblicato nel 1955, tradotto nel 1965 da Carlo d'Altavilla, alias Julius Evola, ora ripubblicato: Hans-Joachim Schoeps, Lo spirito prussiano (Oaks, pagg. 300, euro 18; a cura di Giovanni Sessa).

Purtroppo quando Evola usava lo pseudonimo, le sue traduzioni erano meno accurate. Un solo esempio: al tempo di Federico II un certo mugnaio Arnold di Potsdam ebbe un contenzioso col sovrano culminato nella celebre frase: «Ci sarà pure un giudice a Berlino» a difendere i suoi diritti. L'episodio viene sempre citato a testimonianza del senso di giustizia della Prussia federiciana, solo che al frettoloso traduttore sfuggì questo aneddoto e trasformò il mugnaio (in tedesco: «Müller») in Arnold Müller, varie volte menzionato nel libro e così non si capisce più il contesto. Tuttavia meritava riproporre l'antologia di Schoeps sulla storia prussiana costruita con preziose testimonianze storiche; il libro è strutturato in capitoli tematici che illustrano la cultura conservatrice e le tradizioni monarchiche, militari, amministrative della Prussia, con una tenue speranza in una resurrezione della Prussia, abolita dal trattato di pace e ora divisa tra Germania, Polonia e Russia. Insomma è improbabile che possa risorgere quello stato fondato nel 1226 dai terribili Cavalieri della Croce Nera dell'Ordine Teutonico (che fino al 1660 partecipava come feudo autonomo al Regno di Polonia). L'antologia si raccomanda anche per la prefazione di Giovanni Sessa, il quale ricostruisce un'esperienza straordinaria della cultura tedesca tra le due guerre, quella culminata nelle opere di quegli autori che si rifacevano alla «Rivoluzione conservatrice», che ebbe in Spengler e nel Thomas Mann delle Considerazioni di un impolitico i suoi più originali pensatori (la medesima casa editrice, la Oaks, nel 2017 ha pubblicato un saggio di un altro rivoluzionar-conservatore, Arthur Moeller van den Bruck su Tramonto dell'Occidente? Spengler contro Spengler a cura di Stefano G. Azzarà).

Spengler, Moeller van den Bruck, con Stefan George, Carl Schmidt, Jünger - e più defilati Benn e Heidegger - e altri (tra cui vari scrittori ebreo-tedeschi, tra cui Schoeps) erano gli esponenti di questa esperienza artistica e intellettuale, detta della «Germania segreta», così battezzata da Stefan George, in una sua lirica, con lo stupefacente programma di istaurare un «Socialismo prussiano». A questa comunità (non fu mai un gruppo, una associazione, una organizzazione) appartenne anche Claus von Stauffenberg che il 20 luglio 1944 tentò insieme ad altri ufficiali e intellettuali di salvare la Germania facendo fuori Hitler. Fu invece il Führer a far fuori lui con tutti i congiurati e così fu soffocata nel sangue, con gli alti ufficiali prussiani, la loro «Germania segreta».

Dopo il 1945 furono pochi i superstiti di questa utopia regressiva, tra cui questo ebreo solitario che continuò a sognare il ritorno della Prussia e del suo spirito imperiale.

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