Cultura e Spettacoli

Se le storie più belle sono quelle "fuori" dai libri

Ciò che accade a un libro è spesso più straordinario di ciò che il libro stesso racconta

Se le storie più belle sono quelle "fuori" dai libri

Ogni libro, una storia. Non solo nel senso che ogni libro narra una storia. Ma che ogni libro ne ha una diversa. E tutto ciò che succede a un libro prima del Visto si stampi (titolo del saggio di Gabriele Sabatini dedicato a «Nove vicende editoriali», Italosvevo edizioni) spesso è persino più straordinario di ciò che accade dentro le sue pagine.

I casi indagati da Sabatini - tra cui Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini, una vera odissea dal punto di vista della stesura o Il cielo è rosso, titolo scelto da Longanesi per il romanzo di Berto aprendo a caso la Bibbia o Il piatto piange, l'unico libro di Chiara apprezzato dalla critica, forse anche per il fatto che vendette troppo... - sono un romanzo dentro i romanzi. Esempi. Viva Caporetto! tra il 1921 e il 1923 ebbe tre edizioni, cambiò titolo (in La rivolta dei santi maledetti), fu censurato, sequestrato, modificato (e Malaparte per il lancio pubblicitario inventò di sana piana inesistenti polemiche all'estero) e nessuno sa ancora dire oggi se sia un libro fascista o antifascista. Tempo di uccidere sul dattiloscritto portava come titolo Il coccodrillo, ma Longanesi aveva appena pubblicato La vita del camaleonte di Fernand Angel e il suo Parliamo dell'elefante, e non voleva fare «un giardino zoologico»... E comunque Flaiano fu obbligato a scriverlo da Longanesi, che gli diede tre mesi di tempo (dal dicembre 1946 alla primavera del '47) e un buon anticipo. Dal canto suo, invece, Valentino Bompiani lesse per intero i racconti contenuti nel libro Il vecchio con gli stivali solo dopo averlo pubblicato, nel marzo 1946. Alla faccia della coraggiosa «battaglia intellettuale» intrapresa (forse da Brancati, un po' meno dall'editore) contro i sedimenti del Ventennio... E Il sergente nella neve? Nessuno, leggendo il romanzo, così limpido e chiaro, può immaginare quanti anni, stesure e traversie impiegò Mario Rigoni Stern per trasformare il proprio diario di guerra nel racconto di una testimonianza. Grazie soprattutto al corposo editing di Vittorini..

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