Cultura e Spettacoli

Selvaggio e strampalato ecco il West di Guthrie

Seba Pezzani

L'immagine di copertina de L'ultimo serpente (Mattioli 1885, pagg. 149, euro 16,90, traduzione di Nicola Manuppelli), raccolta di racconti di A.B. Guthrie, rimanda agli sconfinati territori del Nord-Ovest statunitense, tra Montana, Wyoming e Idaho: insomma, al selvaggio West. I protagonisti delle storie di Guthrie, noto soprattutto per Il grande cielo, una sorta di western letterario, ammesso che si possa far ricorso a una descrizione come questa, si aggirano tra bettole, grandi spazi e boschi. Ancor più che in quel romanzo del 1947, qui si respira l'atmosfera del West strampalato, a tratti comico, che poco meno di mezzo secolo dopo sarebbe stato visitato da grandi narratori come Joe R. Lansdale, Robert B. Parker e Larry McMurtry. Ma la stoffa del grande autore emerge fin dalle prime righe, regalando avventura, divertimento e profondità di sentimenti.

Se il film Il grande cielo, malgrado la regia del maestro Howard Hawk e la presenza di Kirk Douglas nel ruolo del protagonista, non appartiene alla categoria dei capolavori del genere, ciascuno di questi racconti potrebbe essere un episodio di una saga televisiva di qualità. Bill il Macellaio, garzone di bottega un po' presuntuoso che vuol mostrare quant'è bravo a menare le mani sul ring, l'ermetico capo indiano Due Piume (formidabile la massima espressa su di lui da un interlocutore bianco: «Impossibile battere un muso rosso se si tratta di farti vedere quanto è disgustato da te»), il giudice McCoos e il suo improbabile sostituto Frank Newcomb, uno che si intende più di whisky che di legge, sono solo un frammento della galleria di canaglie a cui tanto devono aver pensato i produttori della serie televisiva Deadwood.

In fondo, il West non è cambiato. Certo il mondo avventuroso a cui in qualche modo anche i racconti de L'ultimo serpente si ispirano non è più lo stesso, ma la natura è rimasta quasi identica, incontaminata, dominante, protagonista assoluta della vita a cui questi personaggi finiscono quasi per fare da contorno. La copertina vi fa entrare nel vivo della narrazione ancor prima di aver letto la prima pagina, ma non fatevi ingannare: non c'è solo prosa di sapore vagamente bucolico.

Qui ci sono anche sudore e sangue.

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