Cultura e Spettacoli

La sexy cyborg: che controversa eroina

Cinzia Romani

Una sex-doll tutta cromata, che si muove con frenesia, costruendo la sua femminilità da eroina cyborg. È la protagonista di Alita - Angelo della battaglia, fantasia distopica di Robert Rodriguez (autore dei vampiri di Dal tramonto all'alba) ora in sala, dietro alla quale c'è la mente fervida di James Cameron, il padre di Titanic, qui soggettista, autore e sceneggiatore (con Laeta Kalogridis e Rodriguez stesso). L'indomito veterano di Avatar doveva firmare pure la regia di questo thriller costato 170 milioni di dollari e ispirato all'omonimo personaggio del manga creato nel 1990 da Yukito Kushiro, fumettista che sessualizza i cyborg: in uno dei suoi primi fumetti, la cyborg viene quasi completamente distrutta, ma le resta in piedi un seno prorompente alla Jessica Rabbit. Praticamente, il sogno di molti uomini. Tuttavia, l'eroina bionica ha ammosciato il box office Usa nel fine settimana del Presidents'Day: 27,8 milioni di dollari incassati, contro le aspettative che puntavano sul grande nome di Cameron e sulle presenze dell'austriaco Christoph Waltz, per la prima volta in un ruolo da buono e di Mahershala Ali, il nascente astro nero di Hollywood, in odore di Oscar (per Greenbook).

A budget moscio, corrisponde un risultato poco eccitante. Tanto più che, per gustare Alita, tocca conoscere per filo e per segno il manga giap. Fuori dagli States, comunque, la pellicola ha totalizzato 131 milioni di dollari. Quanto a noi, altro che manga: 10 giorni senza mamma, favola dolce per famiglie, trionfa con 4,5 milioni di euro e un totale weekend di box office di 1.911.358 euro. Alita finisce al terzo posto (1.031.934 euro) e parte un segnale: il nostro pubblico è stufo dei blockbuster, vuole contenuti. In ogni caso, la storia di Alita si svolge nel XXVI secolo, dopo un cataclisma globale che ha travolto Iron City. Ma occhio all'antefatto hitchcockiano, con un dottore benevolo (Christoph Waltz), che rimette insieme pezzi di Alita, dopo averli trovati nella discarica in cui vivono i reietti. Tale figura paterna è un Angelo della Morte, che potrebbe interrompere il ciclo distruttivo nel quale ruota l'universo post-apocalittico. Sopra al quale pende Salem, metropoli per benestanti, inaccessibile a chi vive sulla terraferma. Alita troverà molti nemici, sul suo cammino, ma conoscerà l'amore per un giovane fuorilegge. Tra combattimenti marziali e scontri violenti al Motorball (qui, immediati i riferimenti a Rollerball e a Blade Runner), la cyborg cercherà di capire chi è.

Creata con la «performance capture», tecnica che registra i movimenti dell'attore imbottito di sensori qui l'eroina in carne ed ossa è Rosa Salazar -, ecco un'altra femmina-automa alla Avatar, pallida e stilizzata per richiamare l'estetica graphic novel. Enormi occhi anime inclusi, come un'Emma Stone ingrandita. Tuttavia, un fascino alla Pinocchio, condito da un'attitudine canagliesca alla Cameron, fanno di Alita una creatura orribilmente carina, forse ispirata a certe ragazzine d'oggi, graziose ma prive di quid. Effetti visivi e azione frenetica non mancano, in queste due ore e due minuti di spettacolo, primo adattamento live-action di un manga pop.

La critica Usa non ha accolto con entusiasmo Alita, definito da Entertainment Weekly, un film-spazzatura, che non rende giustizia all'autentico trash, mentre lo Hollywood Reporter sentenzia: «Soap-opera per giovani adulti». Sta di fatto che Cameron pensava all'epica avventura dal 2000. E, certo, il regista ha beneficiato degli avanzamenti tecnologici, da Avatar e da Il pianeta delle scimmie in poi, con Andrew Serkin apripista della motion capture. «Non c'era giorno in cui Cameron non arrivasse sul set, dicendo: Guardiamo un'altra volta la performance di Rosa. Vedi l'angolo dell'occhio destro? Noti la piega delle labbra? Aggiustiamoli un po'». Con tale perfezionismo, logico che le cose andassero per le lunghe. «Amo Alita, perché non ha paura di nulla. È interessante scrivere un personaggio così impavido. Ma è anche difficile, perché devi trovare il punto di vulnerabilità, che per lei è l'amore: non avrà mai paura per se stessa, ma per chi ama. Credo che Alita rappresenti un potere femminile del quale avevamo bisogno», spiega il 64enne Cameron.

L'implacabile critico del New York Times, Manohla Dargis, comunque infilza l'operazione come «stramberia tecnologica», che «sarebbe stato meglio sostituire con due ore di storia ben raccontata».

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