Cultura e Spettacoli

"Come si fa il crime in tv? Senza rimestare nel sangue"

Lo scrittore torna con il programma "Profondo nero" e ripercorre i casi di cronaca che cambiarono l'Italia

"Come si fa il crime in tv? Senza rimestare nel sangue"

«È come quando alla sera i contadini si mettevano sui covoni e raccontavano storie di paura che facevano tremare i bambini». Con una semplice immagine Carlo Lucarelli spiega il motivo per cui tante persone stanno ancora con gli occhi sgranati ad ascoltare i delitti più efferati scanalando tra i mille programmi e canali dedicati al crime. Ma c'è modo e modo per affrontare argomenti così delicati. C'è chi rimesta nel sangue per impressionare lo spettatore e chi sta attento a non esagerare. Carlo Lucarelli, scrittore, conduttore, regista, sceneggiatore e anche tanto altro, è tra questi ultimi. Dopo aver guidato per anni gli spettatori nei meandri delle menti criminali in Blu notte su Raitre, ora si è ritagliato uno spazio su misura in un canale tutto dedito al tema: Crime+Investigation (numero 118 della piattaforma Sky). Dal 14 giugno torna in onda la seconda stagione di Profondo Nero, in cui il giallista vira sui grandi casi del passato, da Wilma Montesi a Pietro Maso.

Lucarelli, perché raccontare vicende già scandagliate molte volte?

«Perché abbiamo scelto una chiave di lettura diversa. Riprendiamo storie che hanno segnato un cambiamento profondo dei costumi italiani. Per esempio il mostro di Firenze mise l'Italia di fronte all'esistenza dei serial killer, il rapimento e stupro a scopo di matrimonio di Franca Viola costrinse la società a fare i conti con una morale ancora da Medioevo, l'omicidio Montesi fu il primo caso mediatico».

In onda ci sono decine di programmi e serie dedicati al crime, perché gli spettatori non se ne stancano mai?

«Perché il giallo è un ottimo modo per dire cose sensate. I fatti di nera rappresentano la metà della nostra vita e il noir, nei libri e in tv, è il mezzo più efficace per raccontarla».

Fin troppo facile catturare lo spettatore prendendolo per le viscere.

«La paura è solo il punto di partenza, il modo per agganciare lo spettatore. Gli si presenta un fatto orrendo per poi inoltrarsi in una narrazione in cui magari si riesce a trasmettere una spiegazione sui fatti di mafia, camorra, mala finanza, pezzi di storia».

Quali sono gli errori da non fare?

«Il più sbagliato è cercare di aumentare, di ingigantire, come purtroppo fanno alcuni programmi. Se si racconta di un omicidio efferato, non c'è bisogno di indugiare nei dettagli macabri o di rimestare nel sangue. Anzi è meglio togliere: ce l'ha insegnato il maestro Hitchcock».

Invece cosa bisogna fare?

«Semplificare. E non perdere il filo del discorso. Nei delitti ci sono tante trame che si intrecciano, bisogna isolare quelle tre o quattro principali. Me l'hanno insegnato gli agenti della scientifica quando facevo il cronista di nera. Inoltre ogni parola deve avere una sua necessità, messa lì perché ha una funzione nel racconto».

In Rai hanno tolto la cronaca nera alla domenica pomeriggio, ma l'hanno lasciata negli altri giorni della settimana. Un controsenso: i bambini vanno tutelati tutti i giorni...

«Io penso che dei delitti si debba parlare anche in fascia protetta perché fanno parte della nostra vita e i bambini ne sentono parlare, anche nei tg. Il problema è sempre come si raccontano le cose».

Per 16 anni lei lo ha fatto su Raitre, poi è sparito: è il suo giallo personale...

«Ci sono rimasto male perché non mi hanno neppure chiamato per dirmi che Blu notte chiudeva... Ora continuo a raccontare su Crime+Investigation».

Lei ha paura di qualcosa?

«Come tutti. Da piccolo avevo paura del buio e dei lupi mannari. Da grande vivo i timori di tutti i genitori, per le mie bambine e per il loro futuro».

Anche per questo ha scritto un libro per bambini, Thomas e le gemelle, con piccoli detective alle prese con un crimine ambientale?

«Ho provato a raccontare i problemi moderni con gli occhi dei bambini, usando il loro linguaggio e certamente in questo mi hanno aiutato le mie figlie. Proprio per le mie paure, non scriverei però un libro in cui rapiscono i bambini...».

Tra le sue mille attività, cosa sta preparando?

«Sto finendo il romanzo con il commissario De Luca ambientato negli anni '50.

E stiamo lavorando alla sesta stagione televisiva dell'Ispettore Coliandro per Raidue».

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