Cultura e Spettacoli

La signora che incanta il pop ma fa arrabbiare i radical chic

L'artista inglese dei record pubblica un grande disco "live" ma la stampa l'attacca per le sue dichiarazioni pro Brexit

La signora che incanta il pop ma fa arrabbiare i radical chic

Mica facile essere Kate Bush. Non frequenta i social, non abita sulle passerelle glamour, evita pettegolezzi pelosi eppure è l'unica artista inglese (e forse del mondo) che può permettersi di non tenere concerti per 35 anni e poi fare il tutto esaurito per settimane come i Rolling Stones. Il suo primo successo è stato Wuthering heights del 1978 e in quarant'anni ha registrato solo dieci dischi però è rimasta campionessa dell'art rock, un po' barocco un po' prog ma sempre di altissimo livello, roba che piace alle classifiche ma pure a David Gilmour dei Pink Floyd (suo grande sponsor) o a Björk. Quando ad agosto del 2014, Catherine Bush detta Kate, nata a Welling nel 1958, ha cantato per un po' di serate all'Eventim Apollo di Londra (ex Hammersmith Apollo), la richiesta di biglietti è salita del 432%, doppiando persino le richieste per gli show di Lady Gaga o Katy Perry. In quelle stesse settimane è diventata la prima artista femminile ad avere otto album contemporaneamente in classifica, dei quali due nella top ten (The whole story e Hounds of love) e gli altri sei nei primi quaranta. Per capirci, meglio di lei solo Elvis e i Beatles, ossia le vere divinità popular.

Nell'epoca dell'immagine a tutti i costi, Kate Bush è riuscita a mantenere visibilità con l'assenza di immagine. Niente gossip. Niente comparsate. Solo qualità. Sembrerebbe la ricetta perfetta per l'insuccesso. E invece. Persino i suoi fan si sono stupiti quando ha annunciato la pubblicazione di Before the dawn, un disco dal vivo come una volta: solo musica e zero immagini, né dvd né brani inediti né promozione kolossal. Quando è salita sul palco, ha chiesto a tutti di non usare telefonini perché questo è «un momento unico da goderci insieme». L'avesse fatto chiunque altro, sarebbe scoppiato l'inferno sui social. Stavolta no. E i concerti all'Eventim Apollo sono leggendari perché non ci sono immagini ma solo ricordi (tranne un video che uscirà chissà quando, forse mai). Dopotutto questa artista dalla voce quasi sopranile eppure acuta, capace di essere sensuale però anche inquietante, è l'apoteosi del pop per sottrazione: fa glamour con la musica, non con i vestiti. Inventa e crea ma non diffonde: lascia che sia la sua musica a farlo.

Non a caso ha debuttato al top con un brano (Wuthering heights, appunto) ispirato al romanzo omonimo di Emily Brontë, ha citato l'Ulisse di James Joyce nell'album The sensual world e, per intitolare il disco del 2011, ha scelto di rispondere, forse ironicamente, a un famoso libro pseudosensuale: 50 words for snow, 50 parole di neve, non 50 sfumature di grigio. Un successo che la regina Elisabetta ha contribuito a celebrare conferendole il titolo di Commander of the British Empire. Insomma Kate Bush è un unicum nel mondo perché tecnicamente non è infangabile dalla critica gratuita. Può piacere o no, però nessuno può dubitare del suo talento e della sua coerenza. Perciò è stato necessario attendere che lei facesse una dichiarazione a timido sfondo politico per scatenare il bailamme. In tutta la carriera ne aveva fatta una soltanto (addirittura nel 1989: «Non mi piace quel che vedo nella politica») ma stavolta è andata oltre. Si è addirittura permessa di dire che il premier inglese, la Tory Theresa May è «meravigliosa» e che «è la miglior cosa che ci accade da tanto tempo, è molto intelligente, non mi fa paura e è bello avere una donna al vertice del nostro paese».

Apriti cielo.

Tanto più che, poco dopo, parlando a un altro quotidiano, ha vagamente appoggiato la Brexit dicendo che «il cambiamento è una parte importante della vita». In pochi giorni l'eroina dell'intellighenzia è diventata il bersaglio di articolesse e invettive. Un tabloid inglese l'ha soprannominata Hate Bush («hate» sta per odio). «Una persona che dichiara un timido supporto per la leader dei Tory può sorprendere di più di un vecchio socialista che piange la morte di Fidel Castro?», ha scritto Donald Clarke sull'Irish Times.

Evidentemente sì, alla faccia della libertà di pensiero.

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