Cultura e Spettacoli

"Sono un artigiano del vinile in un mondo di robot pop"

Il conduttore stupisce tutti in radio da dj vecchio stile: "Ridiamo identità alla musica"

"Sono un artigiano del vinile in un mondo di robot pop"

Un vinile dopo l'altro, alla vecchia maniera con tanto di scricchiolii della puntina. Zero playlist. Niente brani obbligati. Tanti racconti. Venerdì sera sulla radio più ascoltata in Italia (Rtl 102.5) Red Ronnie sembrava un extraterreste. Alle 22, dentro la Suite di Laura Ghislandi e Gigio D'Ambrosio, lui si è collegato dalla sua stanza di Bologna, quella con quarantamila vinili sulle pareti, e ha iniziato a fare come quando sono arrivate le radio libere, quindi circa 43 anni fa: canzoni e parole, seguendo il proprio racconto, creando un dialogo con gli ascoltatori. «Un'idea che, con Lorenzo Suraci, abbiamo realizzato in un paio di giorni ma che ha avuto una eco incredibile sui social», spiega lui che a 66 anni è rimasto lo stesso anarchico che sulla bussola ha un solo punto cardinale: la musica. In fondo, da Radio Bologna Notizie (dove ha esordito nel 1975), Gabriele Ansaloni autonominatosi Red per il rosso dei capelli e Ronnie per l'adorazione verso l'eroe della Formula Uno Ronnie Peterson, è passato per Rai e Mediaset approdando al web con il Roxy Bar e l'appuntamento del Barone Rosso non smettendo mai di essere al passo con i tempi (talvolta addirittura avanti) ma senza rinunciare alla memoria. E forse ora questi 60 minuti di «Red Ronnie Live in Vinile» possono diventare la quadratura del cerchio: il vecchio stile che diventa tendenza attuale non solo su Twitter con l'hashtag #redronnieliveinvinile ma anche nella grande radiofonia. «Quelli della mia generazione (ma anche della mia, ndr) sapevano a memoria tutti i titoli delle canzoni poi, da quando è arrivato il cd, si è iniziato a riconoscere i brani con il numero in scaletta: mi piacciono la 2, la 6, la 10 e la 12. Ora neanche quello. Un processo di perdita di identità che fa male alla musica». Come non dargli ragione.

Quando se ne è accorto, Red Ronnie?

«Una volta durante una lezione di musica per una tv di Bergamo. Non c'erano neanche ancora gli iphone ma solo gli ipod. Ho chiesto a una ragazza di indicarmi un brano del suo ipod, nel quale ne aveva già raccolti circa seimila. Non sapeva scegliere. Allora ho iniziato a usare il grammofono a manovella che mi ero portato dietro e ho fatto ascoltare a tutti Rock around the clock. Erano affascinati».

Anche in radio usa il grammofono?

«Naturalmente no (sorride - ndr). Utilizzo due giradischi Technics SL 1200 limited edition. E non ho neanche bisogno di usare il panno».

Il panno?

«Una tecnica che dalle mie parti ci fece conoscere Vasco Rossi quando era deejay a Punto Radio. Consiste nel mettere un panno che sporge dal piatto, inserirci sopra il vinile, posizionare la puntina e fare partire il giradischi. Il piatto gira ma il disco no. Tu parli e, quando hai finito, molli il panno e la canzone parte subito senza quei inevitabili secondi di attesa. Oggi sembra normale che non ci siano perché è tutto digitale, ma allora faceva la differenza».

In ogni caso, è lei a decidere la scaletta.

«Proprio come si faceva allora. Ti arrivava l'album e tu sceglievi la canzone che ti piaceva di più. Però io non metto solo pezzi vecchi. Ad esempio, nella mia prima puntata ho messo un brano dell'ultimo disco dei Negramaro che non è stato pubblicato come singolo ma che anche Giuliano Sangiorgi mi ha detto di essere uno dei suoi preferiti: Ridammi indietro il cuore».

A proposito: qualche discografico l'ha chiamata?

«Nessuno a parte Caterina Caselli che mi ha detto di stare per ristampare in vinile tutti i brani del suo repertorio».

In ogni caso sui social network il Red Ronnie in formato vinile ha suscitato gli applausi anche dei giovanissimi.

«Tanti mi hanno scritto che avrebbero ripreso a utilizzare il giradischi. C'è una tendenza a custodire la memoria, a conservarla e, nel caso, a ritrovarla. Quando immagazziniamo la nostra musica nel cloud, in realtà ne perdiamo la proprietà perché qualcuno potrà comunque impedirci di ascoltarla. A me non va bene.

Ed è per questo che mi sento un artigiano nel mondo di robot che ormai governano la musica».

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