Cultura e Spettacoli

"Sono una mamma che difende la figlia dalla giustizia cieca"

L'attrice parla della fiction "L'amore strappato" di Canale 5 sull'uomo ingiustamente accusato di pedofilia per 10 anni

"Sono una mamma che difende la figlia dalla giustizia cieca"

La giustizia italiana è quella che è. Ma la vicenda di Angela Locanto, che nel 1995 viene prelevata da scuola, a otto anni appena, e rinchiusa in una casa famiglia per colpa d'una falsa accusa di pedofilia contro suo padre, doveva essere raccontata. Un caso che colpisce allo stomaco e stringe il cuore: è durata dieci anni la lotta di Angela per ritrovare i genitori, tra esami e test psicologici falsati, mentre il padre, innocente, finisce in carcere e poi viene assolto. Ci voleva un'attrice come Sabrina Ferilli, intensa, vibrante e mai doma lungo il suo calvario di donna, per interpretare la madre di Angela nella fiction Mediaset L'amore strappato, da domenica in prima serata su Canale 5. Per 3 prime serate, nella serie tv diretta da Simona e Ricky Tognazzi e interpretata da Enzo Decaro, «starring» papà Locanto, vedremo Sabrina in una delle sue apparizioni più efficaci. Perché come moglie e come madre decide di non arrendersi. E di lottare per riprendersi la figlia, rapita dalla giustizia (questo il titolo del libro Rizzoli, che narra la vicenda). Stretta nei vestitini a fiori; il cardigan da casalinga innamorata della sua famiglia, o ripresa mentre batte i pugni su un muro di marmo, nella cava dove il marito lavorava prima di finire nell'inferno della malagiustizia, la Ferilli si dà anima e corpo. Sul suo viso c'è ancora un'ombra pensosa quando parla del suo ruolo di madre coraggio: occhi, capelli e tailleur pantalone scuri come l'inquietante consapevolezza che chiunque potrebbe esser vittima d'un errore giudiziario.

Che cosa l'ha convinta ad accettare la parte di Rosa?

«Avevo letto Rapita dalla giustizia, il libro scritto da Angela con Caterina Guarnieri e Maurizio Tortorella. E poi avverto un disagio: spesso il tribunale della gente è più cattivo del tribunale della giustizia. Mi è piaciuta l'idea d'una storia ambiziosa, dentro una fiction che non è mai un passo avanti all'accaduto».

La gogna mediatica, oggi, sembra norma: le fa paura?

«La gogna mediatica fa paura. La giustizia, almeno, si regola su un codice di leggi che pongono l'essere umano al centro. La gogna mediatica è un massacro. Sono terrorizzata dalla facilità con cui si giudica. Dai processi sommari in tv. Tutto è diventato tranchant, è tutto bianco o nero. Così gli esseri umani sembrano piccoli calchi di cappellini. A tutti può capitare di subire un torto. Ma un uomo non è il reato che ha commesso: è molto di più. Se ci togli l'importanza di chi siamo noi, diventiamo una tabellina».

Nella fiction emerge il suo lato passionale.

«Sono stata attenta a non creare l'immagine di una donna che fosse contro la giustizia, o che avesse qualche torto da rivendicare, nei confronti di un giudice o di un magistrato. I giudici sono uomini e possono sbagliare. Ma mi piace pensare che, alla fine, anche in questa vicenda mostruosa, i torti siano stati riparati».

Che cosa le è rimasto dell'interpretazione d'una storia così drammatica?

«Qualcosa ti rimane sempre dentro, quando affronti vicende così toccanti. L'intera troupe è rimasta coinvolta. Per esempio, l'attrice che ha interpretato il controverso personaggio dell'assistente sociale ha provato imbarazzo. Mi sono aiutata pensando che è possibile recuperare l'errore. La vita va avanti. Speriamo che, vedendo questa fiction, chi di dovere si metta a disposizione per capire».

Sembra che abbia a cuore il tema della giustizia.

«Da sempre m'interessano le storie che hanno un interesse sociale, civile. E che possano far riflettere».

I suoi progetti futuri? Si parla del ruolo di Barbara in Lara a Escort Story di Gerard Diefenthal

«Sono abituata a fare una cosa alla volta. Ah, in Internet c'è già una foto? (Ride ndr). Lara Croft, magari! Col cinturone e le pistole. Ho in mente un progetto teatrale. Sto comprando i diritti di un testo d'una donna straordinaria del 900, uno dei romanzi più importanti scritti in Italia da una donna. Ma ancora non posso dire nulla».

Parliamo dei David di Donatello: soddisfatta dei premi?

«Certamente sì. Noi siamo sempre i migliori. E il cinema italiano continua ad essere il più ricco e prezioso.

Magari, fosse possibile un cambiamento, con qualche leggina».

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