Cultura e Spettacoli

"Sono sempre un padre ma solo sullo schermo..."

L'attore ha interpretato una serie di ruoli genitoriali. Ora è un uomo uscito dal coma ne "La strada di casa"

"Sono sempre un padre ma solo sullo schermo..."

Con la barba ormai ingrigita, lo sguardo sempre più navigato, insomma la splendida maturità d'un cinquantenne che ha molto vissuto, Alessio Boni sta da qualche tempo interpretando, come attore, l'esperienza che ancora non conosce nella vita. «Sempre più spesso mi capita di recitare in ruoli di padre. Il padre archetipico, il padre metaforico, il padre-padrone... Ma il curioso è che io, nella realtà, non ho figli. Chissà: forse tante fortunate coincidenze finiranno per essere di buon auspicio».

L'ultimo della lista è il padre de La strada di casa: la serie in sei puntate in onda dal 14 novembre su Raiuno che, diretta da Riccardo Donna, la vedrà accanto a Lucrezia Lante Della Rovere e Sergio Rubini, e il cui format è già stato acquistato dalla 3 Ad, casa produttrice del seguitissimo The Good Doctor.

«È una storia affascinantissima. Quella di un uomo che, finito in coma per un incidente, si risveglia cinque anni dopo in un mondo che non riconosce più. La moglie l'ha tradito col suo migliore amico; il figlio ha fatto fallire l'azienda; ha perfino avuto un altro figlio, mai conosciuto. È un po' la storia di Ulisse, altro padre che ho interpretato. Anche lui è un naufrago. Solo che il suo viaggio alla riconquista di sé è tutto interiore. E stavolta Penelope non è stata fedele. Mentre Telemaco gli ha addirittura usurpato il trono».

Ma La strada di casa è anche un giallo.

«E proprio questo è il bello! Poiché il protagonista non indaga sugli altri, ma su sé stesso. Nel tentativo di scoprire l'assassino - nel suo passato c'è infatti un delitto - deve, in realtà, scoprire se l'assassino è lui. Capire, in buona sostanza, che tipo di uomo è; di cosa è stato capace, prima che cinque anni d'oblio cancellassero la sua identità. E il pubblico segue la ricostruzione del puzzle attraverso i suoi occhi: vede ricomporsi un'immagine diversa da quella supposta. Rimanendo sempre più sgomento. Fino al finale-bomba».

Che differenze trova fra questo padre alla ricerca di sé con quelli simili - brave persone all'apparenza, molto diversi in realtà - della fiction Di padre in figlia e del film di Donato Carrisi La ragazza nella nebbia?

«Il primo era un genitore degli anni '50: quando non solo il padre ma il maschio in genere dominava incontrastato. Infatti per riconquistare sé stesso e i suoi dovrà cedere il comando. Il secondo, invece, è un padre che per riappropriarsi del proprio ruolo costruisce un inganno spaventoso, che lo porterà alla rovina e che fa capire quanto male possa albergare in un essere umano».

Fino al prossimo e più singolare genitore: quello del film Agadah di Alberto Rondalli, che si ispira al romanzo ottocentesco Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki, in uscita il 16 novembre.

«E che è diverso ancora. Un cabalista ebreo all'interno di una sorta di Decamerone dark, un po' romanzo di formazione un po' raccolta di avventure meravigliose. Opera singolarissima».

Oltre a quello della paternità, La strada di casa offre un altro tema interessante.

«Sì: quello della seconda opportunità. La chance che la vita ci dà per ricostruirci, forse addirittura per rinascere. Io però sono convinto che, se riuscissimo a porci in ascolto, scopriremmo che la vita, di opportunità, ne offre continuamente, ad ogni stagione. Diverse l'una dall'altra, certo: quelle che ti si offrono a vent'anni non somigliano a quelle che puoi cogliere quaranta o a sessanta. Ma ciò che conta davvero è riconoscerle. E acchiapparle al volo».

Il risveglio del suo personaggio da un coma durato cinque anni, anche se è soprattutto un espediente narrativo, potrebbe comunque rappresentare uno spunto di riflessione su un tema tanto delicato?

«Ci siamo ispirati ad un caso autentico, realmente accaduto a Torino - la nostra serie ha un'ambientazione piemontese. Ho parlato con lo psichiatra che seguì questo ragazzo, il quale ebbe un gravissimo incidente a 19 anni, e si risvegliò dopo dodici. Nel frattempo aveva sentito tutto: le voci di chi gli stava attorno, quella della madre che si disperava e gli sussurrava: Preferirei che tu fossi morto, facendolo soffrire maledettamente. Nonostante questo, però, il nostro tema è diverso. È soprattutto quello di una rinascita.

Di una riconquista di sé».

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