Cultura e Spettacoli

La Spagna e il Portogallo litigano per Magellano. Ma è patrimonio di tutti

Non ha senso la contesa per le celebrazioni dell'impresa: è un trionfo dell'umanità

La Spagna e il Portogallo litigano per Magellano. Ma è patrimonio di tutti

Ricorre quest'anno il cinquecentenario della spedizione di Magellano (salpata da Siviglia nell'agosto del 1519), la prima a riuscire nell'impresa di circumnavigare il globo terracqueo. Una ricorrenza che sembra avere riacceso l'antica rivalità tra Spagna e Portogallo, i due Paesi che a lungo si contesero le rotte oceaniche verso le Indie. L'Accademia di Storia di Madrid rivendica a gran voce la titolarità dell'impresa (e dunque il diritto alle celebrazioni) del grande navigatore, che tra parentesi non portò a termine la sua avventura, finendo trucidato dagli indigeni della piccola isola di Mactan, nelle Filippine, a un passo dalla meta: le Molucche. Magellano è spagnolo, tuonano da Madrid (in effetti ottenne la cittadinanza spagnola). No, è portoghese, gli rispondono da Lisbona (in effetti era nato a Sabrosa, nel nord del Portogallo). Si tratta di un'impresa ascrivibile alla Spagna, è la replica di Madrid (in effetto fu finanziata dal re di Spagna, l'equipaggio era per metà spagnolo e l'unica nave a fare ritorno era comandata da Elcano, un basco che aveva fatto carriera molto in fretta: partito come nostromo, o secondo altri come timoniere, concluse il viaggio come capitano). No, è tutto merito di Magellano, fanno sapere con cipiglio dal Portogallo: senza di lui l'impresa non si sarebbe mai nemmeno avviata (e in effetti l'idea fu sua, e suoi furono l'ingegno e l'ardimento: fosse dipeso dagli spagnoli, la spedizione si sarebbe conclusa in Brasile, tra le braccia delle indigene).

Tra l'altro la Spagna non è nuova a questo genere di pretese. Da quelle parti si è sostenuto a lungo che Colombo fosse spagnolo (vero è che a un certo punto ottenne la cittadinanza castigliana, ma nessuno potrà mai negare che fosse genovese).

Come era prevedibile il discorso è ben presto scaduto nella inevitabile diatriba tra sovranisti e loro oppositori. Sono stato di recente a Lisbona (per la quale ho un debole), dove la stampa mi ha tempestato di domande al riguardo, quasi eleggendomi ad arbitro, in quanto autore di un fortunato romanzo su Magellano, e in quanto italiano, patria di grandi navigatori. Ebbene, per come la vedo io, ho risposto a tutti, Magellano era talmente spagnolo che il mio romanzo verrà tradotto in Portogallo e in Brasile, mentre nessuno si è fatto avanti dalla Spagna. Era talmente spagnolo che sono stato invitato a presentare il mio libro a Lisbona, mentre da Madrid ancora tutto tace. E potrei continuare. Ma il punto vero è un altro. Per compiere la sua impresa Magellano dovette lasciare nottetempo, in groppa a un somaro, il Portogallo, dove re Manuel non lo amava, per offrire i suoi servigi al re di Spagna Carlo I, che però, non fidandosene, gli mise alle costole tre capitani spagnoli; i quali -non va dimenticato- tentarono di intralciarlo durante tutto il viaggio, fino a un ferale ammutinamento conclusosi in modo quanto mai cruento (uccisione di due di essi e abbandono del terzo su una spiaggia deserta). È anche vero che, fin dal primo giorno, la flotta portoghese diede la caccia a Magellano per catturarlo e forse ucciderlo. E d'altro canto il re di Spagna mise le mani sui diari di Pigafetta (il nobile vicentino che prese parte alla spedizione raccontandola nel suo celebre Resoconto del primo viaggio intorno al mondo) e li fece scomparire, in modo da attribuire tutto il merito della spedizione allo spagnolo Elcano, il quale al contrario aveva preso parte alla rivolta (anche se con un ruolo marginale) con la quale si era tentato di togliere il comando a Magellano per fare immediatamente ritorno in Spagna. Vero è che fu lui a raccogliere il testimone, in seguito alla morte del navigatore portoghese, e a condurre in porto l'unica nave superstite dopo aver compiuto il giro del mondo; ma è anche vero che fu sempre lui ad accaparrarsi gli onori e le ricchezze che sarebbero spettati a Magellano infangandone il nome. Per una sorta di nemesi, pochi anni dopo egli morì lungo quelle stesse rotte, ritentando l'impresa nel nome del re di Spagna. Il destino a quanto pare ci vede benissimo.

Non fosse stato per Pigafetta -che divulgando il suo resoconto (riscritto per intero, affidandosi alla memoria) restituì a Magellano ciò che gli spettava- noi oggi forse crederemmo a Elcano e non a Magellano, e il famoso stretto che porta il nome di quest'ultimo forse si chiamerebbe Stretto di Elcano.

E allora tirate un po' voi le somme. A me appare chiaro che Magellano non appartiene né alla Spagna né al Portogallo; egli appartiene solo a se stesso. E se proprio vogliamo trovargli un'appartenenza allora meglio dire che Magellano è da ritenersi patrimonio universale, come lo sono tutti gli uomini della sua statura, da Leonardo da Vinci a Einstein. Di questo deve essersi accorta anche l'Unesco, che sarà chiamata a valutare l'opportunità di proclamare il viaggio di Magellano (o meglio la rotta tracciata dalla spedizione) «patrimonio comune dell'umanità». La candidatura naturalmente è stata avanzata dal Portogallo, ed è bastato questo a riaccendere la polemica tra i due storici rivali. Chissà come se la riderebbe Magellano, ora che tutti se lo contendono. Io sto con lui.

* autore del romanzo Magellano (Castelvecchi, 2018)

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