Cultura e Spettacoli

Stefan Zweig e la grande sceneggiatura del mondo

Stefan Zweig e la grande sceneggiatura del mondo

Nel suo piccolo (un piccolo grande per qualità), Stefan Zweig ha fatto storia. Come narratore; come biografo; come esule piegato e piagato dal peso dello sradicamento. È normale che della Storia avesse grande considerazione, anche per le sue qualità di sceneggiatrice delle epocali recite che coinvolgono l'umanità. Anzi, per la vocazione alla «poesia».

Die Geschichte als Dichterin, cioè «La storia come poetessa», è il titolo di un suo intervento al 17º Congresso internazionale del Pen Club a Stoccolma, nel settembre del 1939, ora pubblicato da Castelvecchi con il titolo La storia come inventrice di storie (pagg. 38, euro 7,50, traduzione di Matteo Chiarini). Da notare che l'autobiografia di Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, pubblicata nel '42, l'anno della sua morte, si arresta nel racconto all'1 settembre del '39, il giorno in cui la Germania nazista attaccò la Polonia, dando inizio alla Seconda guerra mondiale.

Come nascono «le ore siderali dell'umanità»? Come manifesta la Storia la sua «poetica»? Accumula la propria «energia creatrice» in un nucleo forte. Normalmente procede con «ritmo quasi monotono», ma a un certo punto «si crea una rapida, una cateratta, una tensione sconvolgente, e d'un tratto la scena storica è piena e strapiena di una schiera di figure genialmente contrastanti». Ciò accade a esempio nell'epoca di Carlo V d'Asburgo, quando, «nell'angusto spazio di soli trent'anni» l'Europa conosce tali e tanti rivolgimenti di «creatività michelangiolesca» da poterli accostare soltanto a quanto avvenuto dal 1914 in poi. Accade, in un torno di tempo ancor minore, con la Rivoluzione francese. Accade, in un lungo ma serrato continuum, con la colossale sinfonia dell'Impero romano, un racconto epico alla maniera di Tolstoj. La Storia «non è un libro compiuto, finito, che si può leggere dall'inizio alla fine, ma un gigantesco palinsesto, uno schema appena abbozzato, anzi, per nove decimi mal congegnato».

E a questo servono gli storici: a sbozzare, spiegare, congegnare, ripulire la Storia dalle scorie. Che cosa sarebbe Achille senza Omero? «Un comune sbruffone, possente e intrepido». «Esiste dunque un unico modo per eternare i fatti: trasformarli in Storia creativa». Ciò vale per l'uomo singolo come per le nazioni.

«Perché, cos'altro sono le nazioni se non una specie d'individualità collettiva?».

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