Cultura e Spettacoli

«Lo stile di Bernardo ha fatto scuola»

In Campidoglio tutto il cinema italiano. A Tornatore la sua ultima sceneggiatura?

«Lo stile di Bernardo ha fatto scuola»

La forza della Storia e le pulsioni intime, sempre mescolate nel grande cinema di Bernardo Bertolucci, ieri si ripresentavano insieme nella spoglia camera ardente allestita in Campidoglio. Dove, nella sala della Protomoteca, intorno a una bara semplice con esposto, come un santo di cera, il regista che diede scandalo con Ultimo tango a Parigi, ha sfilato subito Walter Veltroni. Il cinema era lui, prima che altri varcassero il portico del Vignola, magari ignorando chi sia Richard Gere, il che si dice della Raggi. E infatti l'ex-uomo di punta della Settima Arte capitolina abbraccia i parenti del regista - si vede che è di casa -, quindi siede accanto alla sceneggiatrice di Carlo Verdone, Francesca Marciano, stretta nel cappottino da adolescente.

Arriva anche Francesco Rutelli, altro ex-primo cittadino di una capitale ormai spenta, ma meno afflitto di Veltroni. Magari perché cavalca ancora la tigre: s'è inventato un anti-festival di Roma, presiede l'Anica e chiama per nome quelli che fanno cinema. Come Giuseppe Tornatore, premio Oscar che con la mano sfiora la bara di Bernardo, come a prenderne il testimone: potrebbe infatti essere lui il regista del film la cui sceneggiatura il Maestro ha ultimato. «Il suo sguardo, il suo tocco, hanno fatto scuola e faranno sempre scuola», sussurra Tornatore, ricordando l'amico scomparso. Intanto, l'assessore alla Cultura Luca Bergamo presiede le due corone di fiori ai lati del feretro - una del sindaco Virginia Raggi, l'altra del presidente della Regione Lazio - e sarà Stefania Sandrelli, i capelli scarmigliati, tra pioggia e vento, a sdrammatizzare l'atmosfera, mandando un bacio in punta di dita al suo regista. «Per me è stato un grandissimo privilegio fare tanti film con lui: è stata una lunga collaborazione e una lunghissima amicizia. Quando si perdono personalità e artisti come Pier Paolo Pasolini, Ermanno Olmi, Bernardo Bertolucci, diventiamo, volenti o nolenti, tutti più poveri. Questo bisogna che i giovani lo sappiano», dice commossa l'attrice, con il viso gonfio per il troppo piangere.

I giovani, però, sanno: un ragazzo dell'«Avogadro», liceo scientifico sepolto al Coppedè, quartiere barocco a un passo dal «Piper», s'inginocchia davanti alla bara, facendosi il segno della croce. Di gente normale ne arriva, ma come non notare che qui si affollano soprattutto i volti storici del cinema? Sono gli anziani che aborrono Netflix, avendo iniziato col Neorealismo. C'è Citto Maselli, classe 1930, in sedia a rotelle, con l'immancabile sciarpa al collo, che costernato fissa il feretro. E c'è Paolo Taviani, che nell'aprile scorso ha perso il fratello Vittorio. «Avevo parlato con Bernardo al telefono, qualche mese fa - ricorda -. Mi aveva detto che era desideroso di fare un nuovo film, da girare in tre stanze. Voleva fosse un film gioioso. Credo sarebbe felice di vedere come non solo l'Italia, ma il mondo intero stiano parlando del suo grande cinema», riflette Taviani.

Vittorio Storaro, mago della luce premio Oscar, sintetizza: «Lui cercava di scrivere con la macchina da presa non un racconto, ma una poesia».

Commenti