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LO STILISTA

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Davide Brullo

Genio della comunicazione e idolo dei ribelli di mezza Europa, Gabriele D'Annunzio voleva esportare l'esperimento di Fiume. A 80 anni dalla morte - e a 155 dalla nascita, il 12 marzo - lo storico Mark Phelan, dal pulpito del The Irish Times, tratteggia un ritratto poco noto del polimorfico D'Annunzio. Nel 1919 il Vate impugna Fiume, e «la città diventa un centro per la rivoluzione internazionale». Per fare la Storia, oltre a una mitragliata di versi e a un logo riuscito che campeggia sul vessillo al vento (Quis contra nos?), ci vogliono anche le mitraglie.

Problema risolto. Il 7 ottobre del 1919 l'ardito Giuseppe Giulietti, socialista, massone e guida della cooperativa dei lavoratori marittimi, dirotta il «Persia», con il suo carico di armi destinato all'Armata Bianca russa, a Fiume. «Qualche tempo dopo, un gruppo di ambasciatori di D'Annunzio è in visita all'Irish College di Roma, centro di propaganda del Sinn Féin». D'Annunzio è pronto ad armare l'Ira, «a patto che la Repubblica d'Irlanda aderisca alla Lega di Fiume». Qui cominciano i problemi: la fama di D'Annunzio rischia di oscurare i papaveri - pardon, i quadrifogli - d'Irlanda. «I repubblicani irlandesi apprezzavano l'anglofobia di D'Annunzio, ma mal sopportavano i suoi atteggiamenti da donnaiolo, il suo anticlericalismo, la famigerata intransigenza, lo sprezzo verso la cultura americana». Tuttavia, per l'Irish Republican Army, sull'orlo della guerra civile, la possibilità di avere armi facili dall'Italia fa gola. La trattativa continua per più di un anno.

Di mezzo ci si mette Benito Mussolini, che dal suo Popolo d'Italia, il 29 agosto 1920, tuona, in elzeviro, «Viva la repubblica irlandese!». Mussolini vuole fare da mediatore tra l'Ira e i legionari di D'Annunzio. Il Vate, intanto, attraverso Annie Vivanti, poetessa torinese idolatrata dal Carducci e audace consorte di un indipendentista irlandese, incontra alcuni membri del Sinn Féin. La Storia morde alla giugulare il poeta: con il «Natale di sangue» del 1920 l'utopia di Fiume è sconfitta. Ma D'Annunzio non si arrende. Nel marzo del 1921 due delegati del Sinn Féin vengono invitati al Vittoriale, accolti con onore dal poeta sbattuto ma invitto. Pochi giorni dopo è Michael Collins (all'epoca ministro delle Finanze dello Stato Libero d'Irlanda) a ordinare «di interrompere la missione, perché gli inglesi erano a conoscenza della cospirazione tra Ira e Lega di Fiume».

Solo D'Annunzio, promotore dell'impossibile, ci crede ancora. Secondo i ricordi di George Gavan Duffy, diplomatico del Sinn Féin al Vittoriale, il Vate «amaramente deluso dal re, pensava a nuovi campi d'azione in Irlanda, India ed Egitto». In particolare, D'Annunzio avrebbe «inviato una spedizione di militari a combattere a fianco dell'Ira» per essere riconosciuto come «il benefattore della Repubblica d'Irlanda».

La Storia girò le spalle al divo Gabriele e alla sua pazza idea di esportare Fiume nel resto del mondo.

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