Cultura e Spettacoli

Talento, lacrime e sudore. Ecco i "Billy Elliot" italiani

Lo spavaldo e il timido, quello che punta alla serie A e quello che sogna di essere un Bolle. Soltanto uno di loro parteciperà al musical tratto dal famoso film

Talento, lacrime e sudore. Ecco i "Billy Elliot" italiani

«Io Sono Billy Elliot». Stampata in rosso sulle t-shirt bianche, la frase sa di orgoglio, scaramanzia e consolazione assieme. Perché, in realtà, Billy Elliot sarà uno solo, fra i sedici ragazzini ora schierati davanti a Massimo Romeo Piparo. E nonostante le paterne assicurazioni del regista - «Questa non è una gara; qui non vince il più bravo» - ciascuno degli spavaldi ballerini sa che i provini per l'ambitissimo ruolo di protagonista nel più atteso musical della stagione, tratto dall'omonimo film inglese (ieri a Roma, per la «prima» del 5 maggio al Sistina) sono di quelli che possono cambiare una vita.

Hanno fra i 9 e i 13 anni, sono i migliori fra i circa 1200 che avevano fatto richiesta e i 200 che sono stati scremati: due soli di loro ce la faranno; uno per la stagione corrente, un altro per le eventuali successive. «Chi cerco? Billy Elliot. E cioè il ragazzino pieno di voglia di riscatto; non il piccolo mostro talentuoso - ci confessa il regista -. E ciascuno di questi ragazzi è già un Billy Elliot, perché tutti fanno danza nonostante la perplessità delle famiglie o lo scherno degli amici. In Italia, alla loro età, o giochi a calcio oppure, se vuoi ballare, sei “sospetto”». E racconta di due gemelli provinati mesi fa: «Uno sognava la Juve, l'altro Il lago dei cigni . E il primo sfotteva regolarmente il secondo». Stavolta, dunque, non conta soltanto la tecnica, ma soprattutto il carattere. E i sedici, sbalorditivi finalisti dimostrano di possederne eccome, sgambettando tip-tap e pirouettes sulle note di Elton John e Tchaikovsky, per sette ore filate.

«Papà voleva che facessi uno sport, io volevo fare danza - ammicca Leonardo, 9 anni -, ma l'ho avuta vinta io». «Se sono io Billy Elliot? - ribatte un tredicenne già troppo sicuro del fatto suo - No, io sono Matteo». C'è il piccolino simpatico ma impacciato; il grandicello dal portamento troppo navigato; quello con le orecchie a sventola che fa subito simpatia; quello più esperto la cui spavalderia (improvvisa anche un «flick»: sorta di salto mortale in avanti) potrebbe risultare controproducente, giacché qui anche la goffaggine ha il suo valore. E per tutti, le direttive perentorie ma provvide del coreografo-papà Roberto Croce. «Il vero problema in questi provini - confida Piparo - non sono i ragazzi, ma i genitori. Sono loro, spesso, a coltivare aspettative eccessive, ansie da prestazione. E ai provini per adulti la serenità che si respira qui è un miraggio». Anche se poi, a nemmeno cinque minuti dall'inizio, già gli tocca asciugare le prime lacrime infantili, quelle di un undicenne desolato che ha dimenticato a casa le claquettes per il tip-tap.

Mentre da una porta dischiusa sguardi ansiosi di madri spiano furtivi ogni minimo cenno sul suo volto, interpretandone il senso. «Da che parte guarda? -si preoccupa la madre di Luca -. Sta seguendo mio figlio? Oh Dio, no: sta digitando sul telefonino!». Eliana, madre di Matteo, giura: «Mai spinto mio figlio verso il mondo dello spettacolo. Se venisse scelto non temerei i rischi dell'ambiente: è già abituato a vivere fra gli adulti. E se venisse eliminato... ci rimarrei più male io di lui». Silva, insegnante di danza di Arcangelo (che proprio ora stupisce in una scatenata improvvisazione rock) conferma: «otto genitori su dieci sono i veri aguzzini dei figli. Per i ragazzi quest'esperienza è il parco giochi dell'artista». Poco o nulla, insomma, pare cambiato dai tempi di Bellissima ; il film di Visconti in cui Anna Magnani sognava per la propria pargola la vita negata a lei. E di cui, non a caso, Piparo ha appena acquistato i diritti, proprio per trarne un musical.

«Ma molte cose, nel frattempo, sono anche cambiate. Oggi seguiamo questi ragazzi con cautele e attenzioni di padre. I prescelti seguiranno regolarmente i loro corsi di studio, come prevede la legge. E, anche se loro ancora non lo sanno, tutti entreranno a far parte dell'Accademia Billy Elliot, laboratorio permanente in cui coltiveremo i talenti di domani». Nonché il Billy Elliot del 2016: a quest'età si cresce in fretta, e il piccolo talento scoperto oggi potrebbe diventerà l'inadeguato spilungone di domani. Intanto, mentre l'audizione macina ore e ore di prove (dopo la coreografia imparata a memoria, il tip-tap comune, il pezzo di danza classica), un paio di guantoni da boxe rossi attende in un angolo. Già: perché oltre che danzare, Billy Elliot deve anche saper tirare uppercut. Perché la sua rabbia è anche la sua gioia di vivere. E perché, come dice Leonardo (9 anni), «la danza mi rende felice.

Anche quando sono triste».

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