Cultura e Spettacoli

Tanti pregiudizi sulle «zoccole» Ma ora ecco un elogio

Giancristiano Desiderio

La lettura più bella è quella inutile in tutto tranne che nell'essenziale: serve a prendere la vita con ironia e autoironia. Sono ispirati a questo principio gli «elogi» di Mauro Giancaspro, ex direttore della Biblioteca nazionale di Napoli: Elogio del Filobus, Elogio della lettera anonima, Elogio del recupero ai quali ora si aggiunge l'irresistibile Elogio della Zoccola (Edizioni Sabinae). Mezzora di godibilissima lettura che consigliamo a quanti nutrono pregiudizi sulle zoccole, sui topi e sulla lingua italiana.

Era Giuseppe Prezzolini ad osservare che gli italiani parlano in pubblico in fiorentino ritoccato e in famiglia in dialetto. Da quando l'Italia è una, e tuttora indivisa, le parole si sono rimescolate e alcune nate al nord si sono diffuse al sud e altre nate al sud si sono ambientate al nord: «Così mentre il pirla scendeva dalle nebbie della pianura padana verso il mezzogiorno, la zoccola dall'assolato sud emigrava a nord». E gli italiani si sono ritrovati uniti negli insulti e dal momento che pirla e zoccola si ritrovano nei vocabolari si può dire che «il pirla ha smesso di essere soltanto milanese e la zoccola ha smesso di essere esclusivamente napoletana per diventare, l'uno e l'altra, italiani». Ma, poi, siamo sicuri che «zoccola» sia un insulto?

Il termine «zoccola» è ambiguo e multiforme: può essere un'ingiuria ma anche un apprezzamento. I topi possono far paura e suscitare sentimenti ancestrali, come nel caso della famosissima favola Il Pifferaio magico in cui la città di Hamelin, strapiena di topi o toponi, è liberata dal suono magico del pifferaio che, poi, beffato dagli abitanti si vendicherà portando via tutti i bambini. Ma come fa paura, così il topo fa simpatia: Topolino è saccente, ma Minni è spiritosa, umanissima e fedelissima. Come diceva Camillo Sbarbaro: «Non chiamarlo ratto, non ti farà più ribrezzo; chiamalo topolino, ti farà tenerezza». La zoccola, dunque, che come diceva Francesco D'Ascoli - dico: il D'Ascoli - viene dal latino sorcula, non è avversa all'uomo e l'uomo ne è attratto. Nella sua accezione di malafemmina, la zoccola è diversa dalla puttana e dalla troia: la prima si concede per danaro, la seconda ha un che di maligno. Il sito malafemmina.it è giunto a distinguere ben diciassette sinonimi. Sicuramente è inafferrabile, tant'è che, conclude il bibliotecario, se sia buona o cattiva è difficile a dirsi; come è difficile stabilire se andrà all'inferno per i peccati o in paradiso per l'amore e per la difesa dei suoi figli che, senza il padre, ha cresciuto rendendoli scafati e furbi e universalmente riconosciuti quali «figli e zoccola».

Ma è difficile credere che una creatura simile possa andare all'inferno.

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