Cultura e Spettacoli

Tanto Piero, Caravaggio e poco '900: tutti i maestri degli artisti italiani viventi

Abbiamo chiesto ai maggiori pittori in attività quali sono i loro riferimenti. Ecco le risposte...

Tanto Piero, Caravaggio e poco '900: tutti i maestri degli artisti italiani viventi

Cosa c'è dietro l'arte contemporanea? Domanda troppo vasta, la riformulo: cosa c'è dietro l'odierna pittura italiana? Quali sono i riferimenti artistici, filosofici, musicali, letterari, degli artisti che dipingono ora? Se non sappiamo da dove vengono sarà difficile scoprire dove stanno andando, e il pubblico pigro, che non li conosce e nemmeno si sforza, che preferisce affollare le ovvie mostre di Vincent e Frida, di Canaletto e Chagall, che si è fermato a Guttuso e a Schifano convinto che con loro sia morta la pittura italiana, avrà un alibi in più per non occuparsene.

Vengono da Piero della Francesca, ad esempio. Fra i 110 pittori 110 cui ho sottoposto un mio questionario sul loro background, l'autore della Pala di Brera risulta il più influente italiano del passato. L'onnipresente Caravaggio, tanto più popolare fra le masse, solo secondo. L'onnipotente (sul mercato) Leonardo, terzo. Tutti e tre old masters: per trovare punti di riferimento novecenteschi bisogna scendere a centro classifica ed ecco De Chirico e, a sorpresa, Vespignani, che immaginavo dimenticato e invece è un esempio per campioni della matita, per giunta di generazioni diverse, quali Riccardo Mannelli e Marco Mazzoni. Mentre nella lista dei più stimati stranieri defunti a fianco di un antico maestro come Velazquez compare un artefice ancora vivo al momento della nascita di molti ammiratori, Edward Hopper. Ho una buona novella: il temuto plebiscito per Bacon, colpevole di avere prodotto o indotto migliaia di epigoni, di volti deformi, ritratti ululanti, non c'è stato, si vede che perfino nelle più conformiste accademie di belle arti si sono stufati del suo tetro nichilismo.

I risultati più interessanti del mio lavoro di mappatura, in questo articolo sintetizzati all'estremo (110 questionari in una pagina!), credo vengano ora. Il passato è assodato e non è difficile mettersi d'accordo sul fatto che i mostri sacri siano sacri: puoi preferire Tiziano a Raffaello ma non dirai mai che il secondo ti fa schifo... Al contrario il presente è divisivo, entrano in gioco settarismi e rivalità e spesso agli artisti di filoni diversi dal proprio non si riconosce nemmeno il diritto di esistere. La domanda più sgradita di tutto il questionario: «Qual è il pittore italiano vivente che consideri più affine?». Alcuni mi hanno solipsisticamente risposto che non riconoscono affinità alcuna: l'arte italiana sarebbe pertanto un'accozzaglia di monadi, entità senza legami e non comunicanti... Altri si sono sforzati e mettendo a tacere incomprensioni e gelosie mi hanno consentito di stilare comunque una classifica che vede al vertice Alessandro Pessoli e Nicola Samorì, entrambi romagnoli, entrambi apprezzati soprattutto all'estero (dove il primo vive, a Los Angeles, mentre il secondo se ne sta tranquillamente a Bagnacavallo). Al terzo posto c'è il primo astrattista, Marco Tirelli. E al quarto la prima donna, Silvia Argiolas. Dunque almeno quattro capiscuola li ho identificati. L'età media di questi maestri, 49 anni, fa pensare che i giovani e semigiovani artisti italiani abbiano dei nonni e dei fratelli maggiori ma non dei padri. Nessuno ha evocato Adami o Perilli o Griffa e dei già celebrati transavanguardisti solo Cucchi ha ottenuto un paio di segnalazioni.

Invece alla domanda sul pittore vivente straniero hanno risposto tutti, senza problemi: chi mai può considerare David Hockney un concorrente? Così ho potuto misurare le dimensioni, grandi, dell'influenza americana (Currin, Katz, Stella, Wood) e quelle, grandissime, dell'influenza tedesca: ai supercitati Richter, Kiefer, Burgert, Rauch bisogna infatti aggiungere Tal R, danese che insegna a Dusseldorf, e Adrian Ghenie, rumeno che vive a Berlino. Comunque, per quanto mi riguarda, nessuna sorpresa, sono anni che stigmatizzo la crescente sottomissione alla pittura germanica, il fatto che troppi quadri dipinti a Milano sembrino dipinti a Lipsia.

Per ragioni di spazio salto una mezza dozzina di questioni (c'è materiale per un libro e non è detto che non lo scriva) e infine atterro sulla domanda più letteraria: «Lo scrittore del presente o del passato sulle cui copertine, con i tuoi quadri, vorresti essere?». Primi a pari merito Borges, Calvino e Cioran: siccome preferisco quest'ultimo faccio volentieri i nomi di tre suoi eccellenti estimatori, Omar Galliani, Simone Racheli, Daniele Vezzani (che gli ha dedicato un bellissimo ritratto a matita). In qualche caso non riesco a trovare un nesso fra l'opera di un artista e le sue preferenze culturali, in altri invece le scelte sono coerenti, quasi inevitabili: che Giovanni Gasparro citasse San Tommaso, che Nicola Samorì rispondesse Moresco, che Enrico Robusti nominasse Nori c'era da aspettarselo.

In generale ho scoperto che i pittori italiani leggono, attività non più così ovvia, e spesso leggono scrittori italiani viventi che però molto di rado ricambiano l'interesse e lo dimostrano le copertine dei loro libri, ingombre di foto seriali, illustrazioni puerili, arte morta.

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