Cultura e Spettacoli

Thriller, scienza, risate Ecco un romanzo «da Nobel»

Piersandro Pallavicini racconta (con profondità e ironia) le vicende misteriose di un prof e del suo cane

Thriller, scienza, risate Ecco un romanzo «da Nobel»

Per quale ragione Massimo Galbiati, cinquantenne docente di chimica, accompagna su una Jaguar, a Locarno, un luminare ultracentenario arrogante, tal professor De Raitner, con annesso bassotto (facilmente irritabile ai rumori in quanto fonofobico) di nome Pirloux? Cosa c'è sotto, che neppure il povero Galbiati sa? Non ve lo dico, ma vi dico che da tanto lo aspettavo, perché quando la letteratura incontra la scienza e dietro c'è uno scrittore vero vengono fuori faville.

Sto parlando de La chimica della bellezza (Feltrinelli, pagg. 270, euro 17) il nuovo romanzo di Piersandro Pallavicini, il Walter White della letteratura italiana (parallelismo per i fan di Breaking Bad), ma anziché cucinare metanfetamine cucina romanzi tra i più profondi e i più divertenti (non operette o perette da Premio Strega, per intenderci). Pallavicini non è né uno scrittore e chimico, né un chimico e scrittore, ma uno scrittore chimico, nel senso che solo lui poteva riuscire a mettere insieme la supermolecola di un romanzo incentrato su un misterioso convegno di Nobel a Locarno, che si legge come un thriller e nello stesso tempo ruota intorno alla chimica e fa pure ridere. Di scene memorabili ce ne sono a decine, tra cui la lite tra il vecchio De Raitner e una carampana vegana, in quanto il vecchio ha ordinato un coniglio disossato, e non era neppure per lui ma per il cane (e quando il bassotto azzanna la vegliarda lei non può neppure picchiarlo, essendo vegana). De Reitner resterà tra i personaggi memorabili della letteratura: cammina con un bastone con lupo d'argento sul manico, beve whiskini la sera, massimo quattro centilitri sennò gli si infiammano i reni, non dice mai parolacce (anziché cazzo dice tazzo, o fazzo, e annessi foglioni) e soprattutto ha fatto una scoperta memorabile di cui il mondo è all'oscuro. Pericolosissima più di una bomba atomica.

Molto più bello perfino de Le particelle elementari di Michel Houllebecq, di cui era magnifica l'idea ma mancava la scrittura, mentre Pallavicini ha la raffinatezza linguistica e il gusto per la conversazione narrativa di Arbasino e la tenuta di Michael Crichton. «Ah, chimica ridono, quando spiego alla gente che lavoro faccio. La materia in cui a scuola non ho mai capito un'acca. Perché sei un fesso, mi verrebbe voglia di rispondere». Ecco: non è un romanzo per fessi.

Tutto si svolge a Locarno perché la Svizzera è un baluardo (illusorio) contro l'entropia, la naturale tendenza al caos di ogni cosa. Il Pasticciaccio di Gadda, ambientato in Svizzera, non funzionerebbe, verrebbe spazzato via a pagina uno. La trama, a parte quanto vi ho già accennato non ve la racconto per non rovinarvi i colpi di scena, la suspense, la tessitura delicata dell'opera, ma molti pensieri di Galbiati sono delle perle. Perché sfata luoghi comuni sulla scienza e gli scienziati, qui più folli degli artisti, e ne viene fuori una commedia umana di cervelli geniali e stravaganti. In un tempo in cui, come oggi, non si fa più ricerca pura, ma ricerca applicativa, ossia finalizzata a cose pratiche, una tragedia scientifica. In quanto evitare la ricerca pura è scegliere l'uovo oggi al posto della gallina domani. «Con la ricerca pura che anni fa tutti potevano fare, ora si cura il cancro, ci si fanno risonanze magnetiche, guardiamo la televisione, navighiamo con i touch screen: e adesso chi farà le grandi scoperte inutili di oggi, che diventeranno preziose domani?». Pensate che senza la relatività di Einstein non funzionerebbe neppure il vostro Tom Tom, e senza la meccanica quantistica di Heisenberg, Schrödinger, Dirac e Bohr «non ci sarebbero i computer, le lampade a fluorescenza, i telefoni cellulari, internet, anzi pensate a un ritrovato tecnologico senza cui non riuscireste a sopravvivere, il primo che vi viene in mente, e quasi certo senza meccanica quantistica non esisterebbe». E poi: «A proposito dei famosi luoghi comuni sui chimici, lo sapevate che Roald Hoffmann scrive poesie? Nobel nell'81, non per la letteratura d'accordo, ma che i libri possano scriverli solo i laureati in lettere è una sciocchezza». Anzi, io rincarerei la dose: a giudicare dai libri di letterati premiati in Italia, direi che sarebbe meglio non li scrivessero.

Purtroppo non sanno fare altro, e loro sì che ci hanno rotto i foglioni.

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