Cultura e Spettacoli

Come ti censuro il «Don Giovanni»

Madamina, il catalogo non è più questo. Caro Leporello il decalogo delle conquiste del tuo padrone, Don Giovanni, ripassa oggi al vaglio scrupoloso di quella che un tempo si chiamava censura. Nei giorni scorsi anche il Giornale ha dato la notizia che alla Komische Oper di Berlino (un tempo fiore all'occhiello della DDR, teatro del grande regista Walter Felsenstein) si era manomesso il meraviglioso libretto di Lorenzo da Ponte per il Don Giovanni di Mozart. Nello specifico i censori erano spaventati dal riferimento alle donnesche imprese del Burlador di Siviglia in Turchia. Colà Don Giovanni, secondo il registro amatorio di Leporello, sedusse novantuno femmine. Un numero esiguo, comunque, se paragonato alle cento francesi, alle duecentotrentuno tedesche, alle seicentoquaranta italiane, e alle «milleettré» in Ispagna. Contro il sessismo consolatorio di Leporello però potrebbero insorgere le femmine germane e latine delle cristiane nazioni predette o queste tartufesche misure non valgono nei liberali confini dell'Unione Europea? La soluzione adottata dalle realpolitiche menti sforbicianti è stata di trasferire le turche sedotte in un campo asilanti verbali, remoto e innocuo, la Persia. Allora perché non indirizzare le altre in Gallia, nella Saksa, nella Viteliù (la definizione osca d'Italia), nell'Iberia. Se la passion predominante di Don Giovanni era la giovin principiante, quella di certi cervelli liscia pelo sembra essere la giovin castronata.

Leporello ha ragione: «Il quadro non è tondo».

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