Cultura e Spettacoli

"Torno al grande cinema con una sola scena choc"

L'attrice Uma Thurman racconta la lunga sequenza in Nymphomaniac di Von Trier: "Otto minuti di totale disperazione a casa dell'amante di mio marito"

"Torno al grande cinema con una sola scena choc"

Una sola scena, ma di otto minuti filati, un'invettiva disperata di una moglie tradita che lascia lo spettatore a bocca aperta: Uma Thurman fa un ritorno al grande schermo degno della sua fama in Nymphomaniac, Vol 2 (in Italia escono in aprile entrambe le parti dell'epica sessuale di Lars Von Trier). «Ho ricevuto la chiamata di Lars per la seconda parte del film poco dopo aver dato partorito la mia terza figlia», racconta la Thurman, 43 anni (legata adesso al francese Arpad Busson: l'attrice americana ha due figli adolescenti avuti dal suo matrimonio con Ethan Hawke, una relazione finita circa dieci anni fa, al tempo di Kill Bill, l'ultimo film degno di nota della Thurman). «Non sapevo che dire a Lars: ero ancora fuori forma. Ma si trattava solo di un giorno di lavoro, e non mi si richiedeva di essere sexy, tutt'altro. Ho preparato la scena per due settimane, poi l'ho fatta per 15 volte di seguito nel corso di una spossante giornata a Berlino. L'intera scena è in bilico tra la sfida e la sconfitta. Confesso che non è stato facile recitare La Signora H».
H., nel film Von Trier, si reca nell'appartamento dell'amante del marito portandosi i suoi tre figli piccoli appresso. Qui la Thurman sfodera un monologo sull'infedeltà lungo otto minuti che rimarrà negli annali del cinema. Dopo imprecazioni sarcastiche e minacce disperate lancia un urlo di risonanza shakespeariana prima di sbattere la porta alle spalle e uscire per sempre di scena.
Uma, in una delle sue prime apparizioni al cinema, Il Barone di Munchausen di Terry Gilliam, nel 1989, lei appariva come una Venere di Botticelli quasi nuda. Che rapporto ha col proprio corpo?
«Da giovane ero molto timida e schiva. Ero terribilmente complessata e nevrotica a quei tempi. Certo, amavo la recitazione e volevo fare cinema, ed ero disposta a fare qualsiasi cosa, tranne il sesso! Ma avevo la pelle fina, traspirava tutto per osmosi: se qualcuno diceva qualcosa di negativo sul mio conto mi ci attaccavo, quasi a voler dare ragione ai detrattori. Una dinamica masochista e un po' perversa da interpretare con un eccesso d'insicurezza».
E ora?
«Basta. Sono cresciuta. Ho sviluppato una personalità espansiva che alcuni definiscono da attrice, un po' teatrale. E sia. Meglio così che cercare sempre di nascondersi».
Cosa ha provato girando la scena di Nymphomaniac?
«Una grande responsabilità, perché sapevo che quella scena rappresentava un cambio nella traiettoria morale della storia, passando dal cupo nichilismo a una densità di sentimento accorata. Era mio obbligo farla bene. Ce l'ho messa tutta».
Perdoni l'impertinenza: recitando quella scena ha ripensato al rapporto col suo ex marito? (è noto che Hawke la tradiva, motivo del loro divorzio).
«No, guardi, è acqua passata, è un soggetto che non merita più alcuna menzione né riflessione. Un attore sa dove pescare dentro di sé seguendo il filo delle parole scritte sul copione. Mica me lo sono inventata io il monologo della Signora H».
Ha avuto alti e bassi. Dopo Kill Bill 1 e 2 ha recitato poco. Come mai?
«Primo perché mi piace provare un po' di tutto e sono come un sub che va sotto anche se c'è del pericolo. Ho fatto film meno validi perché sono convinta che un attore non debba essere selettivo al punto di non lavorare, ed è inevitabile ogni tanto dire di sì a film bruttini. Ultimamente ho lavorato poco perché sono stata occupata come madre. L'anno scorso però ho recitato nella commedia di Gabriele Muccino con Gerard Butler, ve la ricordate?, Playing for Keeps».
Una moglie ninfomane...
«Esatto. E pensare che Muccino ha tagliato molte delle mie scene, forse perché troppo spinte rispetto alla leggerezza tematica del suo film».
Quentin Tarantino ha creato il ruolo della Sposa nei due Kill Bill con lei in testa, per lei. Dice che era la sua musa. Lavorerete di nuovo insieme?
«Siamo molto amici, Quentin ed io. Parliamo spesso di lavoro e di cinema, certo, ma non necessariamente nel senso di girare un film insieme. Con Quentin non si sa mai: la sua testa va in mille direzioni. E una cosa è l'uomo, l'altra è il cineasta. Siamo tutti un po' così, noi dell'ambiente, un po' bi-polari».
E ora di nuovo al lavoro?
«Sì, ora che mia figlia piccola ha ormai due anni e può viaggiare con me ho deciso di rientrare nel giro, come si suol dire. I fan non mi mancano, ho ancora un valore di scambio, sa? Girerò il thriller American Ultra con Jesse Eisenberg e Kristen Stewart, nel ruolo di un'agente della CIA. Poi girerò un film biografico su Anita Bryant, la cantante diventata attivista anti-gay. Una interessante e controversa donna e artista di destra.

Il contrario di me».

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