Cultura e Spettacoli

È troppo ordinario il ritorno di Tarzan

La fragilità della trama e l'incapacità del regista David Yates di gestire le scene d'azione danneggiano il film

È troppo ordinario il ritorno di Tarzan

Nel 1889, Tarzan (Alexander Skarsgård) vive a Londra con la moglie Jane (Margot Robbie) ed è conosciuto con il suo vero nome, l'aristocratico John Clayton III. Il Primo Ministro britannico (Jim Broadbent) gli chiede di partecipare ad una missione speciale in Congo (dove l'uomo della giungla era cresciuto), su richiesta di re Leopoldo del Belgio. In realtà, la spedizione è una trappola architettata dal capitano Léon Rom (Christoph Waltz) che lo vuole usare come merce di scambio da offrire al capo Mbonga (Djimon Hounsou) per poter sfruttare le ricche miniere congolesi. Nel viaggio, Tarzan e Jane saranno accompagnati dall'americano George Washington Williams (Samulel L. Jackson) che, pur fra tante difficoltà di ambientamento, si rivelerà prezioso alleato.

Più che un tradizionale film su Tarzan, questo sembra una sorta di sequel, di ritorno a casa. Come sia nata la leggenda, intorno al personaggio creato da Edgar Rice Burroughs, ci viene spiegato con veloci flashback, preferendo concentrarsi su una storia che punta molto, vista la fragilità della trama, sull'azione. E, proprio per questo motivo, appare incomprensibile la scelta di affidare la regia a David Yates, uno a suo agio nell'action come un elefante in una cristalleria. Le scene concitate, o vengono servite con l'odioso rallenty, o sono talmente confuse da far venire il mal di mare a chi è seduto in platea e senza capirci granché. Uno spreco che finisce per penalizzare un film che già di suo non appassiona mai. Meno male che il digitale con il quale sono riprodotti gli animali offre, almeno, momenti di interesse (ma nulla di diverso rispetto al recente Il libro della Giungla), pur facendoci rimpiangere la vecchia Cita. Deve essere un film soprattutto per le famiglie e tocca al personaggio di Samuel L. Jackson fornire la giusta leggerezza. Certo, la maggior parte del peso ricade sul protagonista e Skarsgard convince, ricordando la fisicità dell'indimenticabile Weissmuller.

Si esce, dal cinema, con una domanda: si sentiva il bisogno, nel 2016, di un film su Tarzan, soprattutto con questi limiti? Resta l'impressione di un prodotto ordinario che non rende onore a un personaggio straordinario.

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