Cultura e Spettacoli

"La tv? Dev'essere uno smartphone altrimenti i giovani la spengono"

L'inventore del sito di gossip più famoso racconta su Sky Arte lo «tsunami» digitale: «Dobbiamo capire che tutto è cambiato»

"La tv? Dev'essere uno smartphone altrimenti i giovani la spengono"

Dice Roberto D'Agostino che il suo programma, Dago in the Sky, è «il percorso dello tsunami digitale, tutto quello che è intorno a noi. Oggi c'è, domani chissà». Dago in the Sky è arrivato alla terza puntata (al venerdì su Sky Arte), dopo le tre già andate in onda nella primavera scorsa: in totale, «dieci puntate su dieci fatti e momenti che hanno cambiato la nostra vita».

Tutto a partire da quello che lei, Roberto D'Agostino, chiama «Rinascimento digitale»: perché?

«La mia idea è che quello che stiamo vivendo in questo periodo storico sia simile a quanto successo tra il Medioevo e il Rinascimento, con l'apparire dei caratteri mobili. La stampa ha dato il sapere al popolo».

E oggi?

«L'invenzione di Gutenberg si avvicina a internet: Berners Lee ha dato al popolo un potere mai visto prima. Una volta connesso, uno che sta in Namibia ha lo stesso potere che ho io, o lei, o uno a New York. Internet cambia la faccia del potere nel mondo».

Parla dello stravolgimento nelle nostre vite?

«Il web è un terremoto totale. Nel '400 ci volle un secolo per riassestarsi. Anche noi ora viviamo una transizione che non ci lascia vedere bene il futuro. E questa incertezza sul domani spiega molti fatti».

Quali fatti?

«Per esempio Grillo, Farage e Trump: tre personaggi inconcepibili prima di internet. Tutto in barba ai soloni, ai politologi, agli editorialisti. Ben pochi hanno azzeccato».

Chi azzecca?

«Il distico del programma è una frase di Yoda, il saggio di Guerre stellari: Il futuro è. Lui ha questo stile un po' apodittico... Non sarà, è: sta qui, accade mentre parliamo al telefono. E devo dire, con un po' di vanto, che io avevo azzeccato».

Che cosa?

«Nel '99 pensai di aprire un blog. E nel maggio del 2000 nacque Dagospia, fra la derisione dei miei colleghi all'Espresso che mi dicevano: perché un blog?, sei un fallito?».

Come è nata l'idea del programma?

«Quando ho ricevuto l'offerta da Sky mi sono detto: vediamo che cosa resta del piccolo mondo antico di ieri. Che cosa riesce a sopravvivere? Il mondo è completamente cambiato, a partire dal telefonino che è un computer in tasca, e poi come viviamo, il fatto che siamo sempre connessi, la privacy».

Il piccolo mondo antico sopravvive?

«È come il gettone: obsoleto, visto con nostalgia, anche se parliamo di pochi anni fa, in realtà. Così ho proposto a Roberto Pisoni questo ciclo sui fatti che hanno cambiato la nostra vita: dal selfie alla spiritualità, dalla crisi della religione a che cosa è rimasto della politica».

Il «relitto perfetto»...

«Sì. E poi il kitsch, che prima era nascosto e ora trionfa; la trasformazione del corpo, che non è più sufficiente: è modificato, decorato, illustrato».

Come è costruito il programma?

«Facciamo delle polaroid. Dura mezz'ora, perché poi l'attenzione se ne va... Oggi la tv deve essere contemporanea a uno smartphone».

Che vuol dire?

«Lo schermo diventa una griglia. Per rendere il contemporaneo ho copiato: ho rovesciato sullo schermo il display del telefonino, con tutte le app. Oggi siamo multitasking, quindi bisogna fare una tv multitasking».

Oggi si guarda la tv col telefonino in mano.

«Se ti annoi, prendi il cellulare. Allora devo agganciare l'attenzione con tantissime immagini, in modo che lo spettatore non riesca a vederle tutte: lo lascio con la fame. Del resto con la tv non fai cultura: al massimo puoi stimolarla, eccitare il desiderio di approfondire».

A che cosa è dedicata la puntata di domani?

«Al cibo. Come mai a un certo punto il cuoco è diventato chef, e il cibo food? E il mangiatore, cioè tutti noi, che cosa è diventato? Parto dalle immagini di Mario Soldati, il primo a scoprire che il cibo è telegenico. Ma allora era la rappresentazione della fame atavica dell'italiano».

E oggi?

«Oggi il cibo è una religione, e a tavola è una guerra. Basta invitare cinque persone: c'è la crudista, la vegana, quello che non mangia il glutine...»

Ci sarà anche Cracco.

«Racconta quello che è diventato uno che cucina. E poi, finalmente, si vede anche che cucina qualcosa».

Che cosa cucina?

«Una omelette, ai fornelli di casa mia».

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